È evidente che si è al cospetto non già di una mera nullità della notifica ma di una vera e propria inesistenza, ricorrendo uno dei pur ormai ristrettissimi casi in cui “l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa”

Il ricorrente aveva presentato appello contro la sentenza di primo grado in cui risultava soccombente, entro il c.d. termine “breve” per impugnare. Il ricorso, tuttavia, veniva considerato inammissibile, in quanto tardivo. Dopo, infatti, un primo tentativo di notifica a mezzo posta, mediante cioè consegna di copia dello stesso, al domicilio eletto presso lo studio del difensore del convenuto e non andato a buon fine per irreperibilità del destinatario, l’appello veniva rinotificato, ma questa volta via PEC e dunque, con esito positivo, ma oltre il termine (“breve”) per impugnare.

Può dirsi applicabile, nel caso in esame, la previsione di cui all’art. 291 c.c., che prevede la possibilità di fare retroagire la notificazione tardiva, in presenza di situazioni nelle quali la stessa tardività dell’azione non sia imputabile a un comportamento colposo o doloso della parte notificante?

La decisione dei giudici della Cassazione

La questione di diritto è stata portata al vaglio dei giudici della Suprema Corte di Cassazione che, nell’ordinanza in commento (n. 32931/2018) hanno pronunciato parere sfavorevole al quesito; annunciando, così, l’inapplicabilità dell’art. 291 citato, al caso in esame.

È evidente – chiariscono i giudici della Corte- che si è al cospetto non già di una mera nullità della notifica ma di una vera e propria inesistenza, ricorrendo uno dei pur ormai ristrettissimi casi in cui “l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa” (Cass. Sez. U. n. 14916 del 20/07/2016) con conseguente impredicabilità di una rinnovazione iussu iudicis sanante con effetto ex tunc, ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ.

Chiarito, dunque, che si tratta di un caso di inesistenza (e non mera nullità) della prima notifica, occorre valutare se e quali effetti possano riconoscersi alla sua successiva rinnovazione (ossia alla seconda notifica del ricorso effettuata, con successo, a mezzo PEC).

La giurisprudenza

Al riguardo la giurisprudenza distingue a seconda che l’errore sul domicilio del difensore domiciliatario (errore che ha determinato l’esito negativo della prima notifica) sia o meno imputabile al notificante.

L’errore si considera imputabile ove sia richiesta all’ufficiale giudiziario la notifica dell’impugnazione nel domicilio di un procuratore esercente l’attività nell’ambito della circoscrizione di assegnazione: in tal caso, ai fini dell’indicazione del luogo di consegna dell’atto, va indicato il “domicilio professionale” (cfr. art. 17 del r.d.l. n. 27 novembre 1933, n. 1578) oppure la “sede dell’ufficio” (art. 68 r.d. 22 gennaio 1934, n. 37) del procuratore e il previo accertamento dell’uno o dell’altra è a carico del notificante e va soddisfatto con il previo riscontro presso l’albo professionale.

Si considera, invece, non imputabile nel diverso caso in cui la notificazione dell’atto di impugnazione sia indirizzata a procuratore che, esercitando il proprio ufficio in un giudizio che si svolge in circoscrizione diversa da quella del tribunale al quale è assegnato, abbia eletto domicilio nell’ambito della detta circoscrizione: in tal caso, la notifica è correttamente indirizzata, da parte del notificante, in questo luogo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 330 e 141 cod. proc. civ., anche qualora il domiciliatario sia un avvocato iscritto al locale albo professionale, senza che sia necessario il previo riscontro presso questo albo a carico del notificante, essendo in tal caso infatti onere della parte che ha eletto domicilio indicare alla controparte eventuali mutamenti del domicilio eletto (Cass. Sez. U. 18/02/2009, n. 3818; Cass. Sez. U. 24/07/2009, n. 17352; 13/02/2014, n. 3356; Cass. 18/11/2014, n. 24539; 19/10/2017, n. 24660).

Infine, si considera a fortiori non imputabile l’omessa notifica presso il domicilio effettivo conseguente: al mancato aggiornamento dell’albo professionale (Cass. 12/03/2008, n. 6547); alla morte del procuratore indicato in sentenza (Cass. 21/11/2006, n. 24702); all’erronea informazione del trasferimento del domicilio fornita da un terzo all’ufficiale giudiziario (Cass. 04/05/2006, n. 10216).

La decisione

Nel primo caso (errore nella indicazione dell’indirizzo del procuratore domiciliatario imputabile al notificante), l’impugnazione potrà ritenersi tempestivamente proposta solo se la rinnovata notifica intervenga entro il termine per impugnare, non potendosi farne retroagire gli effetti fino al momento della prima notifica (v. Cass. Sez. U. n. 3818 del 2009, cit.; Cass. 21/06/2007, n. 14487; 01/07/2005, n. 14033).

Nel secondo e nel terzo caso invece, (errore non imputabile al notificante) si ammette che la ripresa del procedimento notificatorio abbia effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, restando pertanto irrilevante che essa abbia luogo dopo lo spirare del termine per impugnare; ciò purché la ripresa del processo notificatorio sia attivata con “immediatezza” appena appresa la notizia dell’esito negativo della notificazione – restando a carico della stessa l’onere di indicare e provare il momento in cui ha appreso dell’esito negativo della notifica (Cass. Sez. U. n. 14594 del 2016, cit.; Cass. n. 19060 del 2015) – e sia svolta con “tempestività” (e precisamente entro un termine che le Sezioni Unite, hanno ritenuto di poter fissare in misura pari alla metà del tempo indicato per ciascun tipo di atto di impugnazione dall’art. 325 c.p.c. (e dunque, per il ricorso per cassazione, in trenta giorni), salvo una rigorosa prova in senso contrario (ad esempio, relativa a difficoltà del tutto particolari nel reperire l’indirizzo del nuovo studio)”) (Cass. Sez. U. n. 14594 del 2016).

Il caso, sottoposto all’attenzione della Suprema Corte era certo, inquadrabile nella prima della ipotesi sopra esaminate (errore imputabile al notificante) e pertanto, doveva dichiararsi unicamente l’inammissibilità dello stesso, perché proposto tardivamente, con contestuale soccombenza della parte ricorrente.

 

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