La Corte di Cassazione si è espressa in relazione alla sussistenza del consenso in tema di omicidio del consenziente fornendo delle precisazioni

Con la sentenza n. 3392 del 24 gennaio 2018, la Corte di Cassazione ha fornito precisazioni riguardo all’errore sulla sussistenza del consenso in caso di omicidio del consenziente.

Il consenso della vittima, infatti, è elemento costitutivo del reato di cui all’art. 579 c.p..

Pertanto, laddove il colpevole incorra in errore sulla sussistenza di tale consenso non è esclusa la punibilità per il reato di omicidio volontario.

La Cassazione, con la pronuncia in questione, ha avuto modo di fornire alcune precisazioni sul tema.

Nel caso di specie, l’imputato era stato condannato, sia in primo che in secondo grado, per i reati di  omicidio del consenziente (art. 579 c.p.) e omicidio volontario (art. 575 c.p.).

I due reati sono stati commessi in danno della moglie – affetta da depressione e patologia tiroidea – e del figlio disabile.

Nello specifico, dagli accertamenti era emerso un altro aspetto importante.

L’imputato aveva commesso il duplice omicidio sulla base della volontà manifestata dalla moglie in uno scritto “che ne disponeva le modalità esecutive”.

Invece, era del tutto escluso che il figlio avesse acconsentito ad essere ucciso. Questo in quanto erano emersi una serie di indici che ne avevano dimostrato sia l’attaccamento alla vita che la sicura esclusione di un suo “consapevole consenso all’omicidio”.

Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Tuttavia, la Cassazione non ha aderito alle sue considerazioni, rigettando il ricorso in quanto infondato.

I giudici hanno osservato che il “consenso della vittima” è un elemento costitutivo del reato di cui all’art. 579 c.p.. Pertanto, laddove il colpevole “incorra in errore sulla sussistenza del consenso, deve trovare applicazione la previsione normativa dell’art. 47 c.p. , comma 2, in base alla quale l’errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità per un reato diverso”.

Elementi che, nel caso di specie, era costituito dal reato di “omicidio volontario”, di cui l’imputato avrebbe dovuto, pertanto, rispondere.

La Cassazione ha poi specificato che il consenso della persona offesa “incide sulla tipicità del fatto punito dall’art. 579 c.p. , e non sulla sua antigiuridicità”.

Per tali ragioni, la Corte d’appello aveva, del tutto correttamente, valorizzato la patologia (anche) psichica da cui era affetto il figlio dell’imputato, escludendo, dunque, “la stessa configurabilità di un valido consenso della persona offesa alla propria eliminazione fisica”.

Non solo. Occorre ricordare che l’art. 579 c.p., comma 3, n. 2, “prevede, infatti, che debba trovare applicazione la disposizione relativa all’omicidio volontario, ex art. 575 c.p. , allorché il fatto sia commesso in danno di una persona che versi in condizioni (patologiche) di deficienza psichica”.

Alla luce di quanto enunciato, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall’imputato, confermando integralmente la sentenza impugnata.

 

 

 

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