In un futuro non troppo lontano, una semplice analisi del sangue potrebbe rivelare il rischio di parto prematuro nelle donne che presentano alcuni biomarcatori nel sangue.

Predire il parto prematuro grazie a un semplice esame del sangue. È questo il risultato di una ricerca finanziata dall’organizzazione no profit americana March of Dimes e pubblicata sulla prestigiosa rivista Science.

Secondo i ricercatori, infatti, la presenza di alcuni biomarcatori sarebbe in grado di svelare la possibilità di un parto pretermine.

Questa ricerca sancisce un risultato importante, anche perché ad oggi i medici non hanno la possibilità di valutare quali gravidanze si concluderanno con un parto prematuro e quali no.

I biomarcatori, inoltre, possono aiutare a stimare l’età gestazionale del bebè con un’accuratezza comparabile agli ultrasuoni, ma a costi inferiori.

Per Stacey D. Stewart, presidente di March of Dimes, “questa eccitante ricerca all’avanguardia dimostra perché stiamo investendo in nuovi modi per migliorare la salute di mamme e bambini, soprattutto per affrontare la crisi legata alla nascita prematura in questo Paese e in tutto il mondo”.

“Ad oggi – ricorda Stewart – nessun test sul mercato può prevedere in modo affidabile quali mamme avranno un parto prematuro”.

Lo studio è stato condotto in due distinte coorti di donne, tutte a rischio elevato di parto prematuro.

È in questo modo che i ricercatori sono riusciti a identificare i biomarker ‘spia’ delle donne che hanno partorito in anticipo.

In un’altra coorte, poi, il team ha validato altri biomarcatori. Questi sarebbero invece utili a calcolare l’età gestazionale del feto con una precisione comparabile a quella dell’esame ecografico. Entrambi i test del sangue dovranno però essere validati su numeri più ampi di donne, in trial in doppio cieco.

Incidenza del parto prematuro nel mondo

Ogni anno in tutto il mondo nascono almeno 15 milioni di bambini prima del termine della gestazione, un fenomeno in netta crescita negli Stati Uniti.

Lo studio sui biomarcatori è stato condotto da Stephen Quake, ricercatore presso il March of Dimes Prematurity Research Center della Stanford University, insieme a colleghi danesi e di altri centri Usa. In questo senso, l’approccio non invasivo del test del sangue proposto dalla ricerca, viene inteso dagli studiosi come un modo per “intercettare una conversazione” tra la madre, senza disturbare in nessun modo la gravidanza.

Secondo David K. Stevenson, i risultati dello studio sul parto prematuro evidenziano l’esistenza di un “orologio transcriptomico della gravidanza”.

Un elemento che potrebbe servire come un nuovo sistema per valutare l’età gestazionale di un feto.

“Misurando l’Rna cell-free nella circolazione materna, possiamo osservare i mutevoli schemi di attività genica che si verificano normalmente durante la gravidanza” ha concluso Stevenson.

Lo studioso ha inoltre ricordato che questo permetterà di identificare elementi che potrebbero segnalare ai medici il rischio di parto pretermine.

Non è poi escluso che, in futuro, con ulteriori studi, sia possibile “identificare specifici geni e percorsi genetici che potrebbero rivelare alcune delle cause alla base del parto prematuro, suggerendo modi per prevenirlo”.

 

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