Può essere mai che un CTU affermi che un paziente abbia avuto una perdita di chance di guarigione al 49%? Possono esistere motivi tecnici medico legali a sostegno di una tale valutazione. No di certo! E’ stato solo un escamotage intelligente e a-tecnico che ha fatto riflettere le parti le quali hanno trovato un accordo conciliativo che non fa stare male nessuno, neanche la paziente amputata.
Tale riflessione vuole essere una nota di merito per il ctu il quale ha fatto una proposta in sede di operazioni peritali (dopo aver studiato la storia clinica della paziente con il proprio ausiliario chirurgo vascolare) che, malgrado i grandi vizi di logicità medico legale, ha messo d’accordo tutti. E questo in linea con quanto il legislatore, con la nuova legge Gelli,  ha desiderato obbligare: “…i consulenti tecnici d’ufficio da nominare nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 8, comma 1, siano in possesso di adeguate e comprovate competenze nell’ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi”.
Entriamo nel merito della consulenza tecnica e tralasciamo di parlare della valorizzazione del 49% di perdita di chance di guarigione che si ritiene utile, secondo le intenzioni sia di chi scrive che, ritengo, del ctu, a favorire una conciliazione.
Esistono dei punti certi nella storia clinica della paziente:

  • era paziente autonoma malgrado il quadro di comorbilità associato alla patologia meniscale che l’ha condotta al tavolo operatorio;
  • era paziente che comunque soffriva di disturbi depressivi e che aveva sviluppato solo di recente una APS;
  • era paziente che ha subito due “inadempienze” da parte dei sanitari che le hanno curato la patologia meniscale che il ctu, grazie anche al suo ausiliario, ha ben descritto;
  • inadeguata gestione anticoagulante;
  • ritardata diagnosi di trombosi dell’arto inferiore operato.

Esistono dunque da valutare tre aspetti fondamentali della vicenda da un punto di vista medico legale:

  1. nesso causale tra le terapie e l’amputazione;
  2. nesso causale tra gli inadempimenti accertati e l’amputazione dell’arto dx al terzo medio di coscia della paziente;
  3. incidenza concausale della “Causa naturale” o preesistenza sull’evento finale (l’amputazione) soprattutto in termini cronologici ove si voglia sostenere la concausalità efficiente della stessa.

Il punto a) è soddisfatto come ha anche specificato il ctu.
Passiamo ai successivi punti b) e c). Gli inadempimenti sono stati accertati e su questo siamo tutti d’accordo .
Resta solo da accertare la valenza causale di tali inadempimenti rispetto alla preesistenza di recente insorgenza (in quanto la paziente ha più volte partorito e subito interventi chirurgici anche recenti) che è l’APS.
Per affermare, come ha fatto il ctu, che se i sanitari avessero fatto tutto per bene non si sarebbe potuta evitare l’amputazione (questo significa la conclusione medico legale in termini di perdita di chance!) bisognerebbe sostenere l’efficienza causale della causa naturale, ossia che essa, senza gli inadempimenti dei sanitari si sarebbe verificata comunque anche se non certamente nello stesso giorno.
Ma dalla relazione tecnica si evince una motivazione che soddisfa i criteri di logicità e di evidenza scientifica?
A chi scrive sembra proprio di no e questo per più motivi:

  • i pazienti affetti da APS non sono tutti amputati;
  • malgrado l’inadeguata gestione della coagulazione della paziente, l’errore decisivo che ha causato l’amputazione dell’arto della sig.ra è la mancata/ritardata diagnosi di trombosi in uno stadio dove una rivascolarizzazione avrebbe evitato un qualsiasi livello di amputazione (il piede non era necrotico!);
  • da un punto di vista di “prevedibilità” dell’evento amputazione, ragionando sia ex post che ex ante, si può affermare con sufficiente certezza che la paziente non avrebbe perso l’arto nel tempo e nel modo in cui si è verificato. Ciò significa che il rischio di amputazione della perizianda è solo un “rischio generico” di un soggetto che forse avrebbe avuto altri eventi trombotici (a motivo della APS) in qualsiasi organo o apparato e che comunque, se gestiti bene come già successo, non avrebbero creato gravi danni alla paziente.

Per quanto suddetto e per quanto si può leggere nella relazione tecnica d’ufficio non sussiste una motivazione a sostegno dell’affermazione generica e apodittica espressa dal Consulente di Ufficio. Affibbiare alla concausa naturale la qualifica di “efficienza” deve avere come supporto l’evidenza scientifica o almeno una statistica logica alla base che, invece, non si riscontra nel caso de quo.
In conclusione si ritiene che il ctu, nell’affermare la presenza di una sola perdita di chance al 49%, ha voluto facilitare una transazione che poi è avvenuta a dispetto della logica tecnica e a favore del buon senso conciliativo.

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

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