Il reato contestato era quello di possesso e fabbricazione di documenti falsi. Il delitto è disciplinato dall’art. 497 bis comma 1 c.p.

Secondo l’accusa la donna avrebbe falsificato dei documenti e il possesso sarebbe stato finalizzato all’uso personale; cosicché la corte giudicante aveva determinato la pena tenendo conto dell’aggravante contenuta nel comma 2 dello stesso articolo.

Dalla ricostruzione accusatoria era emerso che l’imputata aveva fornito la sua fotografia a colui che aveva realizzato la falsificazione del documento.

Ebbene per i giudici di merito, tale condotta da sola integra il reato di concorso nella fabbricazione del documento falso.

Ma secondo la difesa, questi ultimi avevano errato a qualificare il reato ascritto (di cui al comma 2 dell’art. 497 bis) come circostanza aggravante della fattispecie contenuta nel primo comma e non anche come fattispecie penale autonoma.

L’argomento è stato fatto oggetto di ricorso per Cassazione.

Ed in effetti il ricorrente ha colto nel segno.

Per i giudici della Cassazione la sentenza impugnata era errata laddove considerava la fattispecie contenuta nel comma 2 dell’art. 497 bis c.p come un’aggravante rispetto all’ipotesi di cui al primo comma, essendo invece essa una autonoma fattispecie di reato. (Sez. 5, Sentenza n. 25659 del 13/03/2018).

La giurisprudenza sul reato di fabbricazione di documenti falsi

A supporto di tale argomentazione, vale la pena richiamare la giurisprudenza costante della Suprema Corte secondo la quale di cui all’art. 497 bis c.p., comma 2, è integrato tutte le volte in cui il soggetto concorra nella contraffazione del falso documento posseduto, considerato che la “ratio” della previsione incriminatrice è quella di punire in modo più severo chi fabbrica o, comunque, forma il documento, con la conseguenza che il possesso per uso personale rientra nella previsione di cui all’art. 497 bis c.p., comma 1, solo se il possessore non ha concorso nella contraffazione. (Sez. 5 Rv. 262221; 489/2018).

I due commi di cui all’art. 497 bis c.p., infatti, puniscono diversamente, in ragione del diverso grado di gravità, la condotta del mero possesso di un documento valido per l’espatrio, da un lato, e le condotte, più allarmanti sul piano delle falsità personali, costituite dalla previa contraffazione del documento ad opera dello stesso detentore, o del concorso da parte di costui nella falsa formazione del documento ad opera di altri o, infine, nella detenzione fuori dai casi di uso personale.

Una precisazione, quest’ultima, che induce a ritenere che il possesso di cui al comma 1 riguardi il caso, per questo di minore allarme sociale, del possesso di documento per uso personale, quando sia accertata l’assenza di concorso nella fabbricazione. (Sez. 5, n. 18535 del 15/02/2013).

Ebbene, nel caso in esame, la ricorrente, fornendo la propria fotografia al soggetto che materialmente avrebbe poi operato la falsificazione del documento affinché venisse apposta sullo stesso, ha contribuito alla realizzazione della condotta di cui all’art. 497 bis, comma 2 avendo, infatti, concorso nella sua stessa fabbricazione.

Per tali ragioni la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio per un nuovo esame nel merito.

 La redazione giuridica

 

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