Una sentenza della Cassazione ha fornito importanti precisazioni in merito al principio di affidamento sull’intervento salvifico di terzi

La sentenza in esame pronunciata dalla Suprema Corte Penale (Sezione 4°, n° 50038/2017) affronta il principio di affidamento sull’intervento salvifico di terzi, in tema appunto di colpa medica.
Prima di addentrarci nel merito della questione, risulta opportuno ad avviso di chi scrive riportare in questa sede brevemente i fatti di causa.
Orbene, quattro sanitari venivano rinviati a giudizio prima e condannati poi, sia in primo che in secondo grado in quanto avrebbero cagionato, operando in concorso tra loro e con condotte colpose/indipendenti, la morte del paziente, Tizio, in ragione di una reazione trasfusionale da incompatibilità, violando altresì le linee guida dettate dal Ministero della Salute in materia di prevenzione degli errori trasfusionali.
Gli imputati, pertanto, pel tramite dei loro rispettivi Avvocati ricorrevano dinanzi la Suprema Corte ritenendo ciascuno di aver assunto nel caso di specie una condotta corretta, ritenendo, per contro, che la morte del paziente fosse stata cagionata da azioni/omissioni di altri.
Ebbene, senza soffermarsi sul ruolo di ciascun sanitario, appare utile rappresentare a chi legge i principi giuridici affermati dagli Ermellini, appunto nella sentenza in commento, con particolare riguardo al principio di affidamento sull’intervento salvifico di terzi.
Dunque, il principio in esame opera in quelle situazioni di fatto ove il paziente viene sottoposto a cure disposte da più medici.
Orbene, la Suprema Corte ha affermato che chi lede un bene come quello della vita, assumendo appunto una condotta colposa, non può assolutamente invocare a suo discarico il sopra richiamato principio.
Infatti, asserisce la Corte di Legittimità che il concorso di cause, disciplinato dall’art. 41 c.p., esclude il principio di affidamento: ciò vuol dire che l’agente (nel caso in esame un medico) che viola una regola precauzionale da cui discende, poi, la condotta colposa altrui, è penalmente responsabile e pertanto punibile, per omicidio colposo, salvo che l’evento morte dipenda da una causa sopravvenuta, che presenta il carattere dell’eccezionalità e della imprevedibilità.
Ebbene, nella fattispecie in esame, gli Ermellini hanno dichiarato inammissibili i ricorsi avanzati dagli imputati (e solo per una posizione processuale è stata dichiarata l’estinzione per intervenuta prescrizione) ritenendo che Tizio non risulta deceduto per cause sopravvenute, ma la sua morte risulta cagionata dalle condotte colpose assunte da tutti i medici, i quali hanno operato in cooperazione tra loro.
 

Avv. Aldo Antonio Montella

(Foro di Napoli)

 
 
 
 
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