La sentenza emessa il 3 novembre 2017 dal Tribunale di Modena recepisce gli obiter dicta di decisioni ormai storiche sul tema della prodigalità

La nozione più recente di disabilità è ricavabile dall’ultima giurisprudenza della CGUE in particolare la pronuncia 1.12.2016 C-395/15, meglio nota come Daouidi, in forza della quale si individua la condizione rilevante nella “menomazione dell’integrità psicofisica che non presenti una prospettiva ben delimitata di superamento nel breve periodo o che si protragga in modo rilevante prima della guarigione della persona (in base a) elementi obiettivi e complessivi di cui si disponga, in particolare su documenti o certificati medici, redatti sulla base di conoscenze e dati medico scientifici attuali”.
Si conferma quindi come la disabilità debba essere considerata un qualcosa di evolutivo da valutarsi secondo le conoscenze disponibili il più avanzate possibili, ma che comunque per definirsi tale debba avere una certa prospettiva temporale.
Premessa la definizione generale di cui sopra, per il caso che ha occupato il GT modenese sappiamo che la restrizione della capacità di agire – conseguente anche all’apertura di un’amministrazione di sostegno – trova giustificazione solo nel caso quando sia necessario tutelare la persona interessata, al fine di sopperire a situazioni che costituiscono disuguaglianza di fatto nella vita quotidiana di relazione.
Ma è veramente necessario?
Sappiamo che i contratti conclusi possono essere annullati se una delle parti, al momento della conclusione, si trovi in situazione di dipendenza o in presenza di una relazione di fiducia con l’altra parte ovvero in condizioni di bisogno economico, di prodigalità o di particolare ignoranza, inesperienza o semplice inaccortezza.
Il contratto concluso in siffatte condizioni è annullabile se la controparte contrattuale ne ha tratto ingiusto profitto o un vantaggio iniquo, ovvero anche se prima della conclusione del contratto stesso fosse a conoscenza delle condizioni non perfette dell’altra persona.
Il problema della prodigalità è sempre stato molto sentito ed è tale da avere anche una sua specifica rilevanza sul piano letterario.
Su tale specifico punto interviene la decisione in commento, confermando come la mera prodigalità, in assenza di alterazioni stabili e provate delle facoltà mentali, tali da costituire disabilità nel senso voluto dalla giurisprudenza continentale, non possa di per se costituire presupposto per l’applicazione dell’amministrazione di sostegno.
Il Giudice tutelare presso il Tribunale di Modena, con sentenza 3 novembre 2017, ha rigettato il ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno, ai sensi della legge 6/2004 per di un soggetto che, vivendo al di sopra delle proprie possibilità, abbia o rischi di dissipare il proprio patrimonio.
Il provvedimento, apparentemente in contrasto con i precedenti giurisprudenziali, in realtà recepisce correttamente gli obiter dicta di decisioni ormai storiche sul tema della prodigalità come fondamento per l’ applicazione di una misura di protezione, non consentendo un indebito ampliamento dell’ambito di applicazione della norma che sarebbe tale – nell’argomentato del Giudice – da snaturarne la struttura e le funzioni.
E’ pacifico infatti che la funzione stessa dell’istituto recato dalla legge 6/2004 debba individuarsi nella protezione della persona considerata debole e non già la sua famiglia, tanto più interpretando la stessa norma alla luce dell’art. 12 CRPD, per come ratificata nel nostro ordinamento con la legge 3.3.2009 n. 18, in forza del quale si deve dare spazio a misure volte a favorire il mantenimento della capacità di agire, attraverso l’implementazione delle c.d. decisioni supportate, in luogo della integrale decisione sostitutiva, ed in condizioni che siano scevre da conflitti di interesse, proporzionate ed adatte alla condizione della persona.
Il tema del conflitto di interessi, pur non posto direttamente, costituisce a parere di chi scrive, una delle chiavi di lettura della pronuncia in commento e si scontra con la prassi, ormai consolidata, di nominare come amministratore un familiare nonché con la carenza di figure professionali specializzate che possano consentire una soluzione diversa per un problema che è latente ma che dovrà trovare una sua soluzione, giurisprudenziale o normativa
Di particolare interesse, anche nella fattispecie concreta oggetto del presente commento risulta il paragrafo 4 del vanguardista art. 12 che, nel suo capoverso finale allude al fondamentale concetto di interesse superiore della persona con disabilità.
Si tratta di un criterio guida che informa integralmente la Convenzione ma che ha particolare rilevanza in tema di diritti civili e capacità.
Questo è il campo nel quale – anche ante litteram si è sempre mosso l’istituto dell’amministrazione di sostegno, che non può essere snaturato considerando che la protezione da esso recata è destinata esclusivamente alle persone in condizioni di disabilità e non, come correttamente affermato dal Tribunale, quando la persona compia consapevolmente e lucidamente spese eccessive e stravaganti, ma solo quando queste ultime abbiano origine certamente patologica.
E’ appena il caso di osservare, conclusivamente come la libertà personale non può essere limitata soltanto perché la persona dissipa il proprio denaro o al solo fine di evitare gravi pregiudizi alla famiglia
Per questi casi – come abbiamo già avuto modo di sottolineare – esistono altri rimedi come l’annullabilità del contratto o la possibilità di farsi assistere sempre volontariamente in fase di conclusione del contratto, ovvero ancora mediante l’azione di lesione della legittima una volta aperta la successione; nel caso di specie si rammenta come anche le liberalità si considerano annullabili qualora, se non di modica entità, si rivelino eccessive rispetto alla consistenza patrimoniale.
Ogni altra interpretazione, consentendo un ampliamento ultroneo della portata dell’amministrazione di sostegno, sarebbe contrario al già citato principio di interesse superiore cosi come ad altri, portati dalla stessa Convenzione e dalle legislazioni dei singoli Stati Membri in materia quale, non da ultimo il principio di autonomia personale.
 

Avv. Silvia Assennato

 
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