La sentenza 5465 del 18 marzo scorso stabilisce l’obbligo per l’Asl di concedere un giorno di riposo compensativo in caso di reperibilità attiva; in caso di reperibilità passiva la richiesta spetta al medico

La Corte di Cassazione, con la sentenza 5465 dello scorso 18 marzo, ha fatto chiarezza sulla normativa che regola il servizio di pronta disponibilità nell’area sanitaria, intervenendo in ultima istanza sulla causa intentata da alcuni medici nei confronti della Asl di appartenenza per ottenere il risarcimento dei danni conseguiti alla mancata concessione di riposi compensativi.

Le novità introdotte dalla sentenza sono state commentate da Carlo Palermo, vicesegretario dell’Anaao Assomed, l’Associazione dei Medici e Dirigenti del Ssn, in un’intervista rilasciata al sito dottnet.it.  Palermo spiega come in primo luogo occorra distinguere la reperibilità attiva da quella passiva nei giorni festivi. Nel primo caso il medico viene chiamato ed entra effettivamente in servizio, nel secondo caso no. In entrambe le ipotesi al medico spetta la retribuzione per pronta disponibilità con un’indennità specifica prevista dal contratto; la differenza sorge in merito al riposo compensativo. In questo caso è necessario tener presente la normativa europea che impone 11 ore di riposo tra un turno e l’altro più 24 ore di riposo ogni settimana o 48 ore entro i 14 giorni. In base alla direttiva 2003/88 CE e altre sentenze della Corte di Cassazione il diritto al riposo settimanale non è derogabile e non è nemmeno nella disponibilità del lavoratore.

Pertanto, secondo la Cassazione,  in caso di reperibilità attiva, cioè quando il medico si reca a lavorare, l’ospedale per non rischiare sanzioni deve disporre esso stesso un turno di riposo compensativo. In caso di reperibilità passiva invece spetta al medico la richiesta di concessione del giorno. Tale concessione, pur essendogli dovuta, implica però per il medico il recupero delle ore nei turni degli altri giorni per garantire le 38 ore settimanali previste dal contratto.

“Nella pratica succede che i turni di pronta disponibilità siano calendarizzati con anticipo, nel rispetto della direttiva europea sugli orari e delle 38 ore di lavoro settimanali – spiega Carlo Palermo – e in un reparto rodato il medico sa già, almeno nella grande maggioranza dei casi, se la sua disponibilità sarà attiva o passiva, basandosi sui dati storici di attività. Nel primo caso, più frequente quando c’è una programmazione adeguata delle attività, farà il suo turno la domenica e il giorno di riposo successivo dovrebbe essere già previsto in calendario. Nel secondo caso, di reperibilità passiva, come ha spiegato la stessa Cassazione, pur avendo il medico dei vincoli, riesce a riposarsi e ristorare le energie psico-fisiche. Quindi se chiede il giorno di riposo compensativo rischia di contrarre un debito orario e dover recuperare un giorno di lavoro spalmando le ore da fare lungo l’arco della settimana o anche su un periodo più lungo che può arrivare fino a 4 mesi”.

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