Il reato si configura se l’evento è potenzialmente idoneo a disturbare la collettività. La pubblica quiete implica l’assenza di disturbo per la pluralità dei consociati

L’integrazione del reato di ‘disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone richiede che l’evento sia potenzialmente idoneo a arrecare oggettivamente disturbo alla collettività. L’accertamento non richiede la disposizione di una perizia o consulenza tecnica da parte del giudice: è sufficiente l’emergere di elementi probatori di diversa natura, comprese le dichiarazioni di chi sia in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti a disturbo della pubblica quiete.

Lo ha precisato la Suprema Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 9361/2018. Gli Ermellini hanno confermato la condanna a 100 euro di ammenda nei confronti di un soggetto accusato ai sensi dell’art. 659 c.p.. Per l’accusa aveva disturbato il riposo dei condomini mediante rumori, urla e schiamazzi durante l’orario notturno all’interno di un edificio condominiale.

L’imputato, nel ricorrere davanti al Palazzaccio aveva lamentato l’omissione da parte del giudice a quo della verifica del livello di tollerabilità dei rumori prodotti. Tale elemento, configurante elemento costitutivo della contravvenzione, non era emerso dalle deposizioni raccolte.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno evidenziato come l’illecito contestato, secondo la giurisprudenza, si configuri come reato di pericolo presunto.

Esso si perfeziona quando le emissioni sonore siano potenzialmente idonee a disturbare un numero indiscriminato di persone secondo il parametro della normale tollerabilità.

E’ necessario, in tal senso, che i rumori abbiano una diffusività tale che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo a essere risentito dalla collettività. Per collettività si intendono i soggetti che si trovano nell’ambiente o comunque in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora. L’interesse da tutelare, ovvero la pubblica quiete, implica in altre parole l’assenza di disturbo per la pluralità dei consociati.

Nel caso esaminato, l’accertamento del reato si è fondato sulla dichiarazione di un appuntato;  l’agente aveva avvertito le urla dell’imputato, delle urla dell’imputato, accompagnate da rumori di rottura di vetri e altri oggetti, sin dalla strada dove stava camminando.

Per la Cassazione, quindi, il Tribunale aveva correttamente desunto la diffusività del rumore, capace di propagarsi all’interno dell’intero stabile condominiale.  Le urla avevano arrecato potenziale disturbo a un numero indeterminato di persone, ovvero i condomini residenti e chiunque altro si trovava nell’immobile; non soltanto agli occupanti degli appartamenti ubicati in prossimità del luogo in cui l’imputato stava dando sfogo ai suoi impeti iracondi.

Inoltre, l’offensività della condotta illecita era evidenziata dal contesto temporale del fatto, verificatosi in pieno orario notturno: circostanza che rendeva inequivocabile il disturbo al riposo delle persone.

 

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