Una lite condominiale e la violazione del regolamento, di natura contrattuale, che impediva di parcheggiare le proprie auto nel cortile comune

Con ricorso presentato dinanzi al giudice civile la ricorrente, proprietaria di un immobile sito in un condominio, contestava la condotta di uno degli altri abitanti del medesimo edificio, il quale era solito parcheggiare la propria auto nel cortile comune, impedendole così di accedere al proprio garage.
Chiedeva, perciò, che fosse ordinato a quest’ultimo di non sostare più nell’area del cortile e che fosse altresì condannato al pagamento di una somma per le eventuali violazioni successive all’ordine di inibitoria, ai sensi dell’art. 614 c.p.c.
Costituitosi in giudizio, il convenuto eccepiva l’inesistenza, all’interno del regolamento condominiale, di alcun divieto di parcheggiare le auto nel cortile e che comunque, l’assemblea del condominio con precedente delibera del 1982, aveva disposto la destinazione a parcheggio di sei autovetture del suddetto cortile e la possibilità di locare i posti auto ai condomini. A tal proposito, egli aveva regolarmente stipulato un contratto di locazione con un altro condomino, cui aveva già versato le quote per i canoni pattuiti. Egli, negava inoltre, che il parcheggio della sua auto nell’area comune costituisse un effettivo intralcio per la parte avversaria di accedere al box di sua proprietà.

La sentenza impugnata

La corte territoriale, nell’interpretare le disposizioni regolamentari, ritenne, da un lato, irrilevante la clausola che vietata di “depositare materiali sui balconi, sulle finestre e sul cortile”, dovendo essa, essere riferita ad oggetti e beni diversi dalle autovetture, e dall’altro che pur disponendo lo stesso regolamento che “il cortile doveva essere tenuto sgombro”, prevedeva al tempo stesso, il transito di autovetture, da intendersi sia in senso dinamico che statico, cioè come sosta, con ciò riferendosi sempre ai proprietari e non alle unità immobiliari.
Tutti questi elementi, unitamente alla condotta successiva dei condomini che da quasi trent’anni l’avevano interpretata destinando il cortile a parcheggio, portavano – ad avviso del giudicante – ad attribuire alle suddette disposizioni, il solo fine di regolamentare l’uso delle cose comuni e non anche quello di limitare i diritti di godimento dei condomini sul bene e fossero quindi, prive di quell’efficacia negoziale in presenza della quale, le norme regolamentari possono essere modificate solo all’unanimità e non a maggioranza.
Per tali ragioni la corte d’appello aveva concluso col ritenere che la delibera del 1982, che aveva destinato spazi delimitati del cortile a parcheggio e previsto la loro locazione ai condomini, su cui il convenuto aveva fondato il proprio titolo all’uso del cortile, fosse pienamente legittima e tuttora in vigore.

Il ricorso per Cassazione

La decisione è stata cassata dai giudici della Suprema Corte, i quali innanzitutto hanno rilevato l’errata interpretazione che la corte di merito aveva dato alle disposizioni regolamentari e, in secondo luogo, per aver fondato la propria decisione su una circostanza giuridicamente irrilevante: il fatto che la delibera del 1982 fosse da sempre stata attuata senza contestazione da tutti i condomini per quasi trent’anni. Criterio che certamente, non poteva nel concreto essere impiegato in quanto il regolamento di condominio era stato predisposto unilateralmente dall’originario unico proprietario e quindi accettato successivamente dagli acquirenti nei propri atti di acquisto.
Nel regolamento condominiale si leggeva quanto di seguito: “è vietato occupare anche temporaneamente i locali di uso e di proprietà comune. È pure vietato …. Depositare materiali su balconi, sulle finestre, nel cortile; (…) il cortile dovrà essere tenuto sgombro, potranno tuttavia i proprietari dei magazzini ed uffici del pianterreno e dei sotterranei transitare con carri ed autocarri per quanto strettamente attenga al loro commercio. Qualora parte del pianterreno venga adibito a garage i loro proprietari potranno servirsi del cortile esclusivamente per la pulizia della loro automobile, avendo cura che ciò avvenga senza scapito della pulizia del cortile”
In ordine a quest’ultima disposizione la corte territoriale avrebbe impropriamente configurato un vincolo alla proprietà comune del cortile di natura reale – assimilabile ad un onere reale o a una servitù reciproca.
Proseguendo, avrebbe ritenuto che poiché il cortile poteva essere utilizzato per il transito dei mezzi a fini commerciali, vi avrebbero potuto sostare anche le auto dei condomini.

La decisione

Ma i giudici della Cassazione hanno subito smentito tale ragionamento: ed invero atteso che il verbo transitare ha il significato di “passare da un luogo ad un altro”, con l’effetto che la facoltà di transitare attraverso uno spazio comune non attribuisce di per sé anche la facoltà di parcheggiarvi.
Non soltanto ma in forza del prevalente orientamento giurisprudenziale, le clausole del regolamento di condominio che disciplinano l’uso dei bei comuni, laddove hanno natura regolamentare, possono essere modificate dall’assemblea a maggioranza, diversamente da quelle che limitano i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni, la cui natura negoziale richiede per la loro modificazione la volontà di tutti i condomini (l’unanimità).

La redazione giuridica

 
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