Con la sentenza n. 27453, depositata il 20 novembre 2017, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, è tornata a occuparsi della vexata quaestio della reperibilità dei medici.

In linea generale l’istituto della reperibilità si configura come “una prestazione strumentale ed accessoria, qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistente nell’obbligo del lavoratore di porsi in condizioni di essere prontamente rintracciato, in determinati archi temporali, in vista di un’eventuale successiva prestazione, cui corrisponde l’obbligo del datore di lavoro di riconoscere uno specifico compenso aggiuntivo alla normale retribuzione”.

Dalla giurisprudenza di legittimità emerge come la reperibilità viene considerata qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro e, per tale ragione, non risulta equivalente a un’effettiva prestazione lavorativa, ma comporta comunque, in linea generale, il diritto a un trattamento economico aggiuntivo.

I fatti

La Corte di appello di Perugia, in riforma della pronuncia del Tribunale di Terni, ha respinto la domanda di diversi medici, tutti addetti al servizio di emergenza territoriale della A.S.L., Area operativa, nei confronti della Azienda U.L.S. di Terni per l’accertamento del diritto di continuare a percepire, anche sotto la vigenza dell’accordo nazionale collettivo del 23.3.2005, il compenso per i primi turni di reperibilità organizzati dall’Azienda per eventuali assenze dei medici di turno nonchè del diritto al versamento, presso l’E.N.P.A.M., dei contributi inclusivi dei suddetti emolumenti ritenendo che, escluso un principio di ultrattività dell’efficacia degli accordi collettivi, il rinnovo del precedente accordo che riguardava i medici di medicina generale aveva omesso di menzionare l’emolumento richiesto dai medici stessi manifestando la palese volontà delle parti sociali di abrogare il suddetto istituto, senza che potesse concretare un trattamento inadeguato ed insufficiente.

I ricorrenti si affidano a due motivi di ricorso e l’Azienda ospedaliera resiste con controricorso.

Il principio costituzionale della giusta retribuzione

I ricorrenti deducono violazione o falsa applicazione degli artt. 67 e 68 dell’accordo collettivo nazionale di medicina generale del 9.3.2000 e degli artt. 95, 97 e art. 98, comma 4, dell’accordo collettivo nazionale del 23.3.2005 poiché la Corte d’Appello, ha trascurato che l’accordo del 2005 prevede il pagamento di tutte le ore di servizio eccedenti le 38 ore settimanali e demanda la quantificazione dell’emolumento alla contrattazione regionale, che, rinvia, a sua volta, alla contrattazione aziendale, limitatamente però alla quantificazione degli emolumenti concernenti i turni di reperibilità eccedenti i primi quattro turni in base al D.Lgs. n. 368 del 2001.

Ciò che la Corte Territoriale tralascia è l’indicazione della remunerazione spettante per i primi quattro turni, e da tanto discende sia la violazione del principio costituzionale della giusta retribuzione, che dei criteri comunitari sull’orario di lavoro (direttiva 2003/88/CE).

Il parere della cassazione e il canone interpretativo dell’art. 12 preleggi

Ebbene, secondo gli Ermellini la decisione impugnata ha correttamente applicato il canone interpretativo dettato dall’art. 12 preleggi rilevando, da una parte, che l’art. 97, comma 10 dell’ACN 2005 (secondo cui “L’Azienda organizza, utilizzando i medici incaricati nel servizio di emergenza sanitaria territoriale, turni di reperibilità domiciliare di 12 ore al fine di fronteggiare assenze improvvise dei medici incaricati del turno di lavoro. I turni mensili di reperibilità eccedenti il numero di 4 vengono retribuiti mediante accordi regionali”), ha lo stesso tenore dell’art. 68, comma 8 dell’ACN 2000 e, dall’altra, che la previsione del pagamento dei primi quattro turni di reperibilità non compare più nell’accordo del 2005.

I Supremi giudici ritengono che il pagamento dei primi quattro turni di reperibilità non possa desumersi dalla disciplina dettata, in materia di trattamento economico dei medici incaricati dell’Emergenza Sanitaria Territoriale, dall’art. 98 dell’ACN 2005 che prevede, al comma 1, i compensi orari per ogni ora di attività ordinaria (cfr. sulla differenza, ai fini retributivi, tra attività ordinaria e turni di reperibilità, Cass. nn. 6765/2015, 17364/2016), al comma 2 i compensi per i compiti ulteriori delineati dalla contrattazione regionale sulla scorta delle indicazioni dell’art. 95 del medesimo ACN, e, in particolare, al comma 4 il pagamento delle ore eccedenti le 38 settimanali di attività ordinaria.

In particolare, la Corte di Cassazione ha ribadito, più volte, che la reperibilità prevista dalla disciplina collettiva si configura come una prestazione strumentale e accessoria, qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistente nell’obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato in vista di un’eventuale prestazione lavorativa (cfr. Cass. nn. 11727/2013, 14301/2011) e che la violazione del principio, di rango costituzionale, della sufficienza della retribuzione va riferito alla retribuzione nel suo complesso e non a singole componenti (cfr. Cass. nn. 668/2004, 3470/2002, 3749/2000).

Sulla base delle su esposte argomentazioni il ricorso è stato rigettato.

 

Avv. Maria Teresa De Luca

 

 

 

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