In un documento inviato alla Commissione Igiene e Sanità del Senato, elencate tutte le criticità del ddl

Medici e dirigenti chiedono la formulazione di un testo di legge che, riconoscendo la sicurezza delle cure quale elemento costitutivo del diritto alla salute, attribuisca la responsabilità di eventi avversi a quegli stessi soggetti che sono chiamati a garantire i LEA alleviando la pena, ma non la responsabilità, degli operatori sanitari.

Lo fanno inviando un documento alla Commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama, che sta studiando il ddl Responsabilità Professionale. Ecco i punti espressi dall’Intersindacale medica e sanitaria

1) Conciliazione ed azione di rivalsa
Il “Tentativo obbligatorio di conciliazione” di cui all’art.8 andrebbe previsto come procedura alternativa alla quale accedere nel caso in cui non sia possibile perseguire una azione transattiva diretta.
L’art. 9 del ddl A.S. 2224, innova profondamente l’azione di rivalsa nei confronti dei sanitari che procurano danni ai pazienti, con la espressa negazione della giurisdizione della Corte dei Conti. La quale, però, offre la particolare garanzia della natura personale e parziale della obbligazione risarcitoria, accertando il giudice contabile la quota del danno complessivo subito dall’Amministrazione concretamente riconducibile alla condotta del convenuto. In un’epoca di politiche sanitarie miranti a ridurre il personale e a destrutturare i servizi per motivi economici, è importante la possibilità che la Corte dei Conti valuti anche i profili organizzativi della struttura ed i carichi di lavoro dei sanitari, per accertare in concreto la colpa grave, nonché il concorso dell’Amministrazione pubblica nella produzione del danno stesso (ex art. 1227 codice civile), con il possibile esercizio del cosiddetto “potere riduttivo”. Tali principi giuridici non sarebbero applicabili da parte del giudice ordinario nel giudizio di rivalsa incardinato in ambito civilistico, per cui l’eventuale condanna dei professionisti in favore della struttura sanitaria sarebbe per l’intera somma oggetto della condanna a carico della struttura, nonché trasmissibile agli eredi, al contrario del regime previsto per la responsabilità amministrativa, le cui garanzie continuano ad essere fruite da parte degli altri dipendenti pubblici. Né sono da sottovalutare, in particolare per gli influssi negativi sul clima interno, le procedure che le strutture sanitarie sarebbero costrette a mettere in campo, a partire da una specifica attività istruttoria mirante ad identificare nelle condotte del sanitario dipendente coinvolto nell’evento la sussistenza o meno dell’elemento della colpa grave. Con l’obbligo di esercitare, anche a scopo cautelativo, l’azione di rivalsa presso il giudice ordinario per dimostrarlo in giudizio, e la necessità di sostenere spese legali e peritali. Tali procedure saranno implementate in presenza di autoassicurazione o, meglio, ritenzione del rischio, sistema diffuso in molte Regioni, insostenibile nel tempo senza una adeguata e specifica riserva finanziaria a livello aziendale o regionale, con ogni probabilità elusa in tempi di de-finanziamento del SSN.
Senza considerare il lavoro attualmente gravante sugli uffici dei giudici ordinari, aumentato dal trasferimento di ulteriore contenzioso.
Infine, è da notare come la misura della rivalsa, di cui all’articolo 9 comma 5, dovrebbe essere resa uguale per tutti i cittadini. La norma più favorevole riguarda attualmente la Magistratura per la quale si prevede, ai sensi della Legge 27/2/2015, n. 18, come massimo una somma pari alla metà di una annualità dello stipendio. Senza limitazione alla progressione di carriera e all’accesso a pubblici concorsi per incarichi superiori.

2) Le disposizioni che aumentano la chiamata in causa del sanitario, con il rischio di un incremento delle spese assicurative.
Con modalità plurime, ed eccessive, i medici e gli altri professionisti possono essere chiamati in giudizio: responsabilità penale (articolo 6); responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 del codice civile (articolo 7); tentativo obbligatorio di conciliazione ai sensi dell’art. 696-bis del codice di procedura civile (articolo 8); azione di rivalsa per la graduazione della colpa anche in caso di transazione extragiudiziale (articolo 9); azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicurazione e successiva rivalsa verso l’esercente la professione sanitaria da parte dell’assicurazione (articolo 12, commi 1 e 3). Va, però, diradato ogni dubbio sulla possibilità che gli esercenti la professione sanitaria, dipendenti di una struttura pubblica o privata, siano costretti a contrarre, oltre alla assicurazione per rivalsa, anche quella personale di responsabilità civile verso terzi “primo rischio”, che comporterebbe il costo annuale di almeno 500 milioni di euro, con evidente vantaggio delle assicurazioni, inaccettabile da parte delle categorie professionali che rappresentiamo.
Per evitare questa eventualità, occorre richiamare quanto previsto nell’articolo 28 del DPR 761/1979 e nei CCNL 1998/2001 e 2002/2005 della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, (e cioè che le strutture sanitarie, pubbliche e private, mediante adeguata polizza di assicurazione per la responsabilità civile, tengono il personale dipendente al di fuori dalle conseguenze derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi, anche per responsabilità extracontrattuale, ivi comprese le spese di giudizio e peritali, relativamente alla loro attività, senza diritto di rivalsa, salvo i casi di colpa grave o di dolo). O esplicitare che l’azione di risarcimento viene esercitata esclusivamente nei confronti di chi ha la responsabilità dei comportamenti messi in atto. La copertura assicurativa per responsabilità civile verso terzi (RCT) e per responsabilità civile verso prestatori d’opera (RCO) delle strutture sanitarie deve essere tra le condizioni per l’autorizzazione, l’accreditamento, la convenzione. La garanzia RCO vale per i soggetti che, a qualunque titolo, svolgono attività lavorativa presso le Aziende, Enti e strutture, in cui vanno espressamente ricompresi i lavoratori precari o che, senza corrispettivo, frequentino, anche occasionalmente, gli ambiti suddetti a meri fini di apprendimento e formazione.

3) Il ruolo delle linee guida.
Per quanto attiene l’autonomia e la responsabilità del medico nelle scelte professionali relative ad un particolare caso clinico, ribadita più volte dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Cassazione, l’articolo 5 raggiunge un suo equilibrio interno, con il riferimento, tenendo conto della specificità del paziente e del contesto organizzativo, alle raccomandazioni ed alle buone pratiche clinico- assistenziali -organizzative delle linee guida (LG). La cui qualità non è garantita dall’autorevolezza di chi le produce, né dalla loro legittimazione normativa, quanto da rigore metodologico nel processo di elaborazione, accuratezza nella ricerca, nella valutazione e nella selezione delle evidenze scientifiche nonché adeguata governance di eventuali conflitti di interesse nella loro formulazione. Per questo occorre riferirsi a Linee Guida accreditate all’interno di un Sistema Nazionale Linee Guida, coordinato da una pubblica istituzione, aperte a contributi pubblici prima di adozioni formali sul modello statunitense ed inglese.
Nelle more si continuerebbe ad applicare il riferimento alla “Comunità scientifica” già previsto dalla legge Balduzzi.

4) La documentazione clinica
Sarebbe opportuno garantire ai pazienti un tempo certo e breve, per l’acquisizione della documentazione clinica, almeno fino a quando il fascicolo elettronico non diventerà strumento ordinario in tutte le Regioni, fatti salvi i tempi tecnici legati a particolari indagini diagnostiche.

5) Preferibile parlare, come si fa in Europa e in USA, di “rischi sanitari” e di “eventi avversi”, i quali non sono tutti riconducibili alla categoria degli “errori sanitari” e “errori medici”. Non appare corretto etichettare tutto come errori, prima ancora del giudizio.

6) Appare utile una definizione giuridica di “colpa grave” non affidabile, nella sua valutazione medico legale, esclusivamente al rispetto puntuale delle linee guida cui fa riferimento il professionista.

7) Importante che al professionista sia garantita puntuale informazione dell’istruttoria amministrativa/legale e medico legale, e se del caso partecipazione, nonché di tutto il percorso di gestione del contenzioso, sia extragiudiziario che giudiziario, mettendo a disposizione anche le valutazioni medico legali e i pareri/valutazioni sulla sussistenza o meno della colpa grave inviate alla Corte dei Conti.

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