La revoca del gratuito patrocinio, comporta la caducazione immediata del decreto di liquidazione degli onorari professionali?

La vicenda trae origine dal ricorso per cassazione presentato dal difensore di un imputato già ammesso al Patrocinio a spese dello Stato, contro il provvedimento del Giudice di Pace che dopo aver disposto la revoca dell’ammissione a tale beneficio per il suo assistito aveva anche revocato il decreto di liquidazione dei suoi onorari.
A detta del ricorrente, si trattava di un provvedimento abnorme, posto che l’ordinamento non prevede che il giudice possa revocare il decreto di liquidazione, in quanto il difensore è titolare di un diritto soggettivo patrimoniale. E, al riguardo, la disciplina dettata dal d.P.R. n. 115/2002 non contempla il potere di autotutela.

Il giudizio di legittimità

I giudici della Cassazione hanno accolto il ricorso difensivo ritenendo errata la decisione impugnata. Il Giudice di Pace aveva, infatti, erroneamente applicato l’art. 114 Dpr 115/2002 riconoscendo che la revoca dell’ammissione dell’assistito al patrocinio a Spese dello Stato determinasse altresì, in ragione dell’efficacia retroattiva di tale provvedimento, la caducazione del decreto con il quale, all’esito della richiesta di liquidazione compensi ai sensi dell’art. 82 TU spese di giustizia, erano state riconosciute e liquidate le spettanze professionali al difensore dell’imputato ammesso al beneficio.
Il provvedimento di ammissione del cittadino al patrocinio dei non abbienti e il decreto di liquidazione compensi al difensore del soggetto ammesso, sebbene disciplinati nello stesso testo normativo, operano su due piano diversi e sono soggetti ad una disciplina del tutto autonoma, tali da escluderne presunzioni di interdipendenza ovvero di necessaria derivazione.

L’ammissione al gratuito patrocinio

Il piano dell’ammissione coinvolge il diritto, costituzionalmente garantito di assicurare il diritto di difesa riconosciuto come inviolabile dalla Carta costituzionale.
In particolare, l’istituto del patrocinio a spese dello Stato risulta realizzato attraverso una serie di norme che promuovono il principio di auto responsabilità del beneficiario, il quale è tenuto a presentare una istanza di ammissione, che contiene una dichiarazione autocertificativa sulle condizioni di reddito e a produrre la eventuale documentazione richiesta dall’autorità giudiziaria.
I controlli previsti, sia quelli eventuali, delegati alla Guardia di Finanza di rilievo preventivo, sia quelli successivi all’ammissione demandati all’ufficio finanziario territorialmente competente, risultano funzionali a verificare la ricorrenza dei requisiti reddituali previsti per legge.
Ad ogni modo, la giurisprudenza ha chiarito che “ai fini dell’ammissibilità al gratuito patrocinio l’autocertificazione dell’istante ha valenza probatoria e il giudice non può entrare nel merito della medesima per valutarne l’attendibilità, dovendosi limitare alla verifica dei redditi esposti e concedere in base ad essi il beneficio che, potrà essere revocato solo a seguito dell’analisi negativa effettuata dall’intendente di finanza”.
Ebbene, nel caso in cui intervenga la revoca di tale beneficio, il soggetto smarrisce le facoltà e le prerogative collegata a siffatta ammissione e pertanto cade anche il diritto all’accollo da parte dell’erario delle spese processuali (ivi comprese quelle concernenti gli onorari del difensore), in ragione della riconosciuta efficacia retroattiva del provvedimento di revoca. Ciò significa che il difensore che ha già svolto la prestazione professionale non potrà esercitare nei confronti dell’Erario il proprio diritto, ma potrà pur sempre a rivolgersi (direttamente) al proprio cliente.
Detto in altri termini, ciò che attiene al piano pubblicistico ossia la revoca della ammissione al beneficio, finisce per esplicare i suoi effetti anche sul rapporto negoziale privatistico tra il soggetto ammesso al benefico e il proprio difensore, che di riflesso non potrà che rivolgersi a quest’ultimo per ottenere il pagamento, restando immutato il rapporto di rappresentanza e difesa nel processo che si fonda sulla designazione del difensore da parte del soggetto precedentemente ammesso al patrocinio a spese dello stato.
«Ma se questi sono il regime normativo e la interpretazione giurisprudenziale, da essi non deriva affatto che la revoca alla ammissione, oltre a elidere il diritto del soggetto ammesso e di conseguenza del suo difensore a vedersi il primo sollevato, il secondo corrisposto dall’Erario, travolga automaticamente il provvedimento giudiziale di liquidazione che sia stato pronunciato prima delle intervenuta revoca. Ciò in quanto sono distinte le caratteristiche e finalità dei due provvedimenti».

Una volta che la liquidazione dei compensi è avvenuta non può essere revocata

L’ammissione al patrocinio consente l’espansione del diritto del cittadino, che assume di trovarsi in condizioni di non abbienza, al contributo economico dello Stato. La liquidazione operata dal giudice che procede, al culmine delle singole fasi processuali, soddisfa il diritto del difensore di essere corrisposto da parte di chi, al momento in cui la liquidazione viene eseguita, era tenuto ad adempiere la prestazione.
Insomma, la revoca al patrocinio consente all’Erario di opporre al beneficiario già ammesso, e pertanto al difensore di questi, la propria carenza di legittimazione a procedere alla liquidazione, ma una volta che la liquidazione sia intervenuta a favore del soggetto legittimato a riceverla (il difensore) sulla base di un titolo esecutivo inoppugnabile, questa risulta consolidata e non più suscettibile di revoca.
Conclusivamente è stato affermato il seguente principio di diritto: alla revoca ai sensi dell’art. 112 comma 1, lett. d) del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato non consegue altresì la inefficacia del decreto di liquidazione del compenso al difensore che l’autorità giudiziaria abbia emesso ai sensi dell’art. 82 Dpr n. 115/2002 in costanza del provvedimento di ammissione, successivamente revocato.

Dott.ssa Sabrina Caporale

 
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