Era stato accusato di essersi sottratto all’obbligo di sottoporsi all’alcoltest, ma il GIP del Tribunale di Milano lo aveva prosciolto perché il fatto non sussiste. La difesa aveva comunque rilevato la violazione dell’obbligo di avviso all’imputato, della facoltà di farsi assistere da un difensore, nell’ipotesi di rifiuto

Ma per la pubblica accusa tale obbligo era insussistente e comunque nel caso specifico essendo stato il rifiuto espresso in maniera tanto repentina e risoluta, gli operanti non avevano avuto il tempo di operare alcun avvertimento.
Il caso è stato sottoposto ai giudici della Cassazione che hanno ricostruito i termini della vicenda ripercorrendo le pronunce più recenti della giurisprudenza in materia.

Orientamenti giurisprudenziali a confronto

Secondo un primo indirizzo, non è previsto alcun obbligo di avviso al conducente che si rifiuti di sottoporsi all’alcoltest di farsi assistere da un avvocato. (cfr. Sez. 4, n. 34470 del 13/5/2016; Sez. 4, n.,43845 del 26/09/2014).
Tale orientamento è stato più volte smentito da un altro indirizzo giurisprudenziale che ha ritenuto maggiormente aderente al sistema di garanzie previsto dall’art. 114 disp. att. c.p.p., la necessità di tale avvertimento.
Ebbene, il giudice milanese aveva fatto applicazione proprio di quest’ultimo principio, corrispondente ormai, all’indirizzo prevalente nella giurisprudenza di legittimità secondo cui, “in tema di guida in stato di ebbrezza, l’avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore, ai sensi dell’art. 114 disp. att. c.p.p., deve essere rivolto al conducente del veicolo nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentate dell’alcolemia, con la richiesta di sottoporsi al relativo test, anche nel caso in cui l’interessato opponga un rifiuto all’accertamento” (Sez. 4, n. 34383 del 06/06/2017; Sez. 4 n. 49236 del 3/11/2016).
A confermarlo sono state anche le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza Bianchi, n. 5396 del 29/01/2015, le quali hanno chiarito che “prima” di procedere all’accertamento mediante etilometro, al conducente deve essere dato avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, mentre tali avvisi non sono dovuti all’atto del compimento di accertamenti preliminari e meramente esplorativi, quali ad esempio, il blow test.
L’avvertimento, in altre parole, deve essere dato solo quando l’organo di polizia, sulla base delle specifiche circostanze del fatto, ritenga di desumere un possibile stato di alterazione del conducente, indicativo dello stato di ebbrezza.
Ma con la sentenza in commento i giudici della Cassazione hanno inteso sgomberare il campo da ogni equivoco.

L’art. 186 C.d.S., comma 7

Presupposto del reato in questione – affermano i giudici della Corte – è la richiesta legittima, da parte delle forze dell’ordine, di procedere ad accertamenti preliminari e meramente esplorativi, quali il blow test, quando vi sia il concreto sospetto che il conducente sia sotto l’effetto di alcol, al fine di per verificarne la fondatezza.
Una Circolare del Ministro dell’Interno del 29 dicembre 2005, n. 300/A/42175/109/4, ha infatti chiarito che prima che si proceda ad accertamento mediante etilometro, e proprio al fine di verificare i presupposti per darvi luogo, gli organi di polizia hanno una mera facoltà di sottoporre il conducente “ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili”.
Questi accertamenti, di natura discrezionale -evidentemente inutili se vi è un quadro sintomatico, come l’alitosi da alcool, il camminare malfermo o l’eloquio sconnesso, che fa chiaramente propendere per l’ebbrezza – sono preliminari all’acquisizione di elementi indiziari riferibili alle fattispecie di guida in stato di ebbrezza contemplate dall’art. 186 C.d.S., comma 2; ma non rientrano in quelli presi in considerazione dall’art. 354 c.p.p. (“Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose, sulle persone. Sequestro”); sicché per essi non è necessario l’avvertimento di farsi assistere da un difensore di fiducia.
In questo senso le richiamate Sezioni Unite Bianchi hanno condiviso la linea giurisprudenziale secondo cui l’avvertimento ex art. 114 citato, va dato solo quando l’organo di polizia ritenga di desumere dalle circostanze del fatto un possibile stato di alterazione del conducente sintomatico dello stato di ebbrezza e non quando esso sia svolto in via meramente “esplorativa”.
Tale assunto sembra essere del tutto coerente con il disposto dell’art. 220 disp. coord. c.p.p., secondo cui, quando “nel corso di attività ispettive o di vigilanza (…) emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova (…) sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice”.
Ebbene, una volta che si sia realizzato in fatto tale presupposto, può prendere avvio la procedura di controllo e all’atto di tale avvio, prima ancora di verificare se l’interessato voglia sottoporsi o meno al test, gli vanno dati gli avvisi ex art. 114 c.p.p.
Soltanto in quest’ultimo caso, qualora il conducente rifiuti di sottoporsi all’accertamento, può configurarsi il reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 7.
Si tratta di accertamenti che hanno natura indifferibile ed urgente.

Ci si può allora domandare: qual è la sanzione apprestata dall’ordinamento in caso di violazione dell’art. 114 disp. att. C.p.p.?

La risposta è stata data dalle Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza Bianchi. Il mancato avvertimento alla persona da sottoporre al controllo alcolimetrico della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia dà luogo a nullità.
Si tratta di una nullità a regime intermedio; e, a tal proposito giova ricordare che la richiesta di applicazione concordata della pena presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato.
Addirittura la Corte di Cassazione ha affermato che, in tema di patteggiamento, l’omessa notifica all’imputato del decreto di fissazione dell’udienza camerale per la definizione del procedimento con il rito alternativo non determina alcuna nullità della sentenza, ove il difensore munito di procura speciale sia regolarmente comparso e si sia avvalso del potere rappresentativo attribuitogli.
Ebbene, se quanto affermato è vero il Gip del Tribunale milanese era incorso in una grave violazione di legge, laddove aveva dichiarato l’insussistenza del reato (ai sensi dell’art. 129 c.p.p.) in ragione dell’esistenza di una nullità che, al contrario, non poteva essere valutata perché sanata con la richiesta di patteggiamento.
In conclusione i giudici della Cassazione hanno annullato la sentenza impugnata e affermato il seguente principio di diritto: “la richiesta di applicazione concordata della pena, presupponendo la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato, comporta che il giudice investito della stessa non possa rilevare, ai sensi dell’art. 129 c.p.p. in caso di contestazione del reato di cui all’art. 186 C.d.S., sia in caso di effettuazione dell’esame che di rifiuto dello stesso, la mancanza dell’avviso all’imputato ex art. 114 disp. att. c.p.p. della facoltà di farsi assistere da un difensore prima dell’alcooltest, trattandosi di nullità relativa sanata con la richiesta di patteggiamento”.

Dott.ssa Sabrina Caporale

 
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