La proposta non passa alla Camera. Fnomceo: occasione persa, la misura avrebbe consentito una ripartizione del Fondo sanitario più equa

Nulle di fatto alla Camera per l’applicazione del coefficiente di deprivazione all’atto della ripartizione del Fondo sanitario nazionale. La misura era all’esame delle Commissioni I e V, riunite in sede referente per l’esame del ddl di conversione in legge del decreto ‘Milleproroghe’. La proposta emendativa, tuttavia, non è passata.

Rammarico da parte della Fnomceo. Per la Federazione dei medici, infatti, l’approvazione “avrebbe potuto avere una portata storica per il Servizio Sanitario Nazionale, calmierando le disuguaglianze in sanità”. L’introduzione del coefficiente di deprivazione “avrebbe consentito di ripartire le risorse in maniera più equa”. Il tutto “tenendo conto dei problemi delle Regioni più povere e con maggior tasso di mobilità sanitaria”.

I meccanismi di premialità per le Regioni ‘virtuose’ sono stati istituiti, tra i criteri di ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale, con la Legge finanziaria del 2010. L’applicazione del coefficiente di deprivazione avrebbe consentito, secondo la Fnomceo, di “allentare il circolo vizioso per cui le Regioni più ricche, avendo maggiori possibilità di investimento, sono anche più virtuose, e ricevono quindi maggiori risorse, a scapito di quelle più povere, che vengono ancor più depauperate”.

“Si tratta di una questione di civiltà e di giustizia – commenta il presidente della Federazione, Filippo Anelli – per la quale la Fnomceo si batte da anni”

“La professione medica – continua – ritiene infatti inaccettabili le disuguaglianze di salute tra Nord e Sud, tra centro e periferia, tra Asl e Asl”. Tali differenze “tolgono anni di vita e di buona salute ai cittadini” e “vanno contro ai principi fondanti il nostro Servizio Sanitario Nazionale”.

L’Auspicio della Federazione, in qualità di Ente sussidiario dello Stato, è che ci sia un’altra occasione per introdurre il coefficiente di deprivazione. “Sarebbe – conclude Anelli – un primo passo, forse piccolo, ma di grande significato verso un Servizio sanitario nazionale veramente equo, universalistico e solidale”.

 

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