I giudici della Cassazione hanno confermato la sentenza della corte d’appello di Torino che aveva ritenuto indennizzabile, attraverso assegno sociale a carico dell’Inail, l’infortunio occorso ad un lavoratore nonostante il rischio elettivo

Sembra di capire che il tema su cui si discorre è quello del rischio elettivo del lavoratore e, a tal proposito, i giudici della Suprema Corte hanno chiarito che il suo scopo è quello di “di proteggere il lavoratore da ogni infortunio sul lavoro, anche da quelli derivanti da colpa, e di garantirgli i mezzi adeguati allo stato di bisogno discendente dalle conseguenze che ne sono derivate”.

La vicenda

La società datrice di lavoro, aveva presentato ricorso al fine di ottenere la declaratoria di nullità del provvedimento dell’Inail con il quale, a seguito dell’infortunio occorso ad un suo dipendente, erano stati rideterminati i tassi premio, all’uopo applicati.
Ma l’istanza veniva rigettata sia in primo che in secondo grado di giudizio.
All’esito del giudizio d’appello, la corte territoriale aveva confermato la valutazione già compiuta dal primo giudice che, a sua volta, aveva ritenuto insussistente il rischio elettivo del dipendente, idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra l’infortunio e lo svolgimento dell’attività lavorativa e, quindi, tale da impedirne l’indennizzabilità.
L’incidente si era verificato mentre il predetto dipendente era intento ad ispezionare delle valvole e i relativi rubinetti di chiusura di alcune vasche di decantaggio presenti in azienda. Senonché, questi, anziché seguire il percorso usuale, si era introdotto all’interno del cantiere, allestito dall’impresa che stava svolgendo delle opere di manutenzione straordinaria delle cisterne di raccolta rifiuti. Tale area era delimitata da bancali e da un nastro bianco e rosso, da cui le valvole potevano comunque essere viste; quando all’improvviso cadeva rovinosamente nella cisterna sottostante.
La decisione della Corte d’appello era fondata sul rilievo che la condotta dell’infortunato, sebbene imprudente, non era estranea alle attività produttive dell’azienda.
in altri termini, l’incidente si era verificato mentre egli stava eseguendo un compito affidatogli e comunque rientrante nelle sue mansioni e non stava ponendo in essere un comportamento estraneo alle finalità produttive per soddisfare un suo interesse.

Il ricorso per Cassazione del datore di lavoro

La società ricorrente impugnava la decisione della corte di merito rimettendo la decisione ai giudici della Corte di Cassazione che si sono pronunciati con la sentenza in commento (n. 7649/2019).
Il datore di lavoro insisteva per la non indennizzabilità del proprio dipendente posto che la caduta era avvenuta per fatti estranei all’attività lavorativa. E secondo l’art. 2 del TU n. 1124/1965 l’inail copre tutti i casi di infortunio avvenuto per causa violenta “in occasione di lavoro” che cagionino un’inabilità al lavoro superiore a tre giorni; intendendosi per “occasione di lavoro” tutti quei fatti, anche straordinari ed imprevedibili, inerenti all’ambiente, alle macchine, alle persone, al comportamento stesso del lavoratore, purché attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione, ivi compresi gli spostamenti spaziali funzionali allo svolgimento della prestazione con l’unico limite del rischio elettivo.
Cosa si intende, dunque, per rischio elettivo del lavoratore?
Il concetto che, delimita l’ambito della tutela assicurativa, è riferito al comportamento del lavoratore e risulta inteso come tutto ciò che sia estraneo e non attinente all’attività lavorativa e dovuto a una scelta arbitraria di questi, nel senso che esso sia la conseguenza di un rischio collegato ad un comportamento volontario, volto a soddisfare esigenze meramente personali e, comunque, indipendente dall’attività lavorativa, cioè di rischio generato da un’attività che non abbia rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa o che esorbiti in modo irrazionale dai limiti di essa (Cass. n. 17917/2017).

Nel 2007 la Corte di Cassazione nella nota sentenza n. 1504/2007 ne ha configurato gli elementi caratteristici, i quali devono essere presenti tutti simultaneamente.

Si tratta:
a)       della presenza di un atto volontario ed arbitrario, ossia illogico ed estraneo alle finalità produttive;
b)      la direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali;
c)       la mancanza di nesso di derivazione con lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Tale comportamento colposo del lavoratore può ridurre oppure esimere la responsabilità dell’imprenditore, escludendo il diritto dell’infortunato al risarcimento del danno nei confronti del datore di lavoro, così come il diritto dell’Inail di esercitare l’azione di regresso nei confronti del datore.
Esso non comporta, invece, di per sé, l’esclusione dell’operatività dell’indennizzo sociale previsto dall’assicurazione gestita dall’Inail, che ha finalità, in armonia con gli artt. 32 e 38 della Cost., di proteggere il lavoratore da ogni infortunio sul lavoro (appunto anche da quelli derivanti da colpa) e di garantirgli i mezzi adeguati allo stato di bisogno discendente dalle conseguenze che ne sono derivate.
Ne deriva che la corte territoriale aveva fatto buon governo dei principi regolatori della materia, correttamente escludendo che nella fattispecie in esame, l’elemento non fosse indennizzabile in ragione della sussistenza di un rischio elettivo del lavoratore.

La redazione giuridica

 
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