Una interessante sentenza della Cassazione fa il punto in merito alla nullità dell’alcoltest laddove lo scontrino venga corretto a penna

Può uno scontrino corretto a penna costituire un’irregolarità che metta in dubbio il risultato di un alcoltest? La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 8060/ 2017, si è occupata di questo fornendo dei chiarimenti importanti.

Nel caso esaminato dai giudici, la Corte d’appello di Torino aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva condannato un conducente per guida in stato di ebbrezza (art. 186 Codice della Strada). Nel soggetto era stato rilevato un tasso alcol emico di g/l 1,74 e 1,77.

Ebbene, il soggetto si è rivolto in Cassazione ritenendo la decisione ingiusta e allo scopo di ottenere l’annullamento della sentenza.

A suo avviso, il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente ritenuto la colpevolezza dell’imputato, “pur in assenza di una prova certa che gli scontrini dell’alcoltest fossero riconducibili allo stesso”.

In particolare, la Corte d’appello non avrebbe rilevato “che l’orario degli scontrini non corrispondeva a quello del verbale ed era stata necessaria una correzione a penna fatta dai verbalizzanti per rendere gli atti coerenti tra loro”.

Per il ricorrente, lo scontrino corretto a penna in qualche modo inficiava la validità della sanzione.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, rigettando il relativo ricorso, perché infondato.

Secondo la Cassazione, infatti, nel caso di specie, “le correzioni apportate a mano sugli scontrini, non sono sfuggite alla valutazione del giudice di merito che, sul punto, ha offerto una specifica motivazione, osservando come si fosse trattato di una mera irregolarità che non metteva in dubbio la funzionalità dell’apparecchio e che l’accertamento si riferisse al F. , tenuto conto che sugli scontrini figurava il suo nome”.

Non solo. A confermare la validità dell’alcoltest c’era il fatto che “i verbalizzanti avessero rilevato elementi sintomatici, quali l’alito vinoso, la difficoltà di coordinamento e di espressione e la condotta di guida contromano ed a zig zag, tanto evidente, da indurre un cittadino ad allertare la polizia stradale che era poi prontamente intervenuta”.

Pertanto, secondo la Cassazione, non vi era stato alcun travisamento delle prove. Inoltre, la motivazione della sentenza di secondo grado era pienamente coerente. Per tali ragioni, il ricorso non poteva che essere rigettato.

Alla luce di tali elementi, dunque, la Cassazione ha confermato integralmente la sentenza di condanna resa dalla Corte d’appello. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali.

 

 

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