La Cassazione ha confermato la sentenza di condanna emessa nei confronti di un genitore, padre dell’alunno autore delle scritte ingiuriose rivolte alla bidella della propria scuola. Interessante la pronuncia anche sotto il profilo dell’analisi dei rapporti tra sentenza penale e giudizio civile per il risarcimento del danno

Aveva citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Urbino il genitore dell’alunno che, dopo essersi introdotto all’interno della scuola fuori dall’orario di lezione insieme ad altri minorenni, aveva vergato e raffigurato scritte ingiuriose sulla sua scrivania con un pennarello.

Ebbene l’istanza aveva trovato accoglimento nel giudizio d’appello, a cui faceva seguito il ricorso per Cassazione presentato dal genitore.

Tra i motivi di impugnazione vi era l’illogicità della sentenza impugnata che aveva dapprima esaminato la capacità di intendere e di volere del figlio minore con riferimento al fatto commesso e, solo dopo, gli aveva attribuito la materiale responsabilità del fatto; responsabilità che, tuttavia, era stata ricondotta sotto la fattispecie dell’art. 2048 c.c. (responsabilità dei genitori) e non anche sotto quella disciplinata dall’art. 2047 c.c. (danno cagionato dall’incapace).

Nello stesso ricorso, il genitore lamentava anche il grave errore commesso dal giudice adito, dal momento che egli aveva completamente omesso di valorizzare la dichiarazione “di non doversi procedere” pronunciata nei confronti del figlio in sede penale, quanto meno sotto il profilo della rivalutazione del fatto.

Ma tali argomentazioni non sono state sufficienti a convincere i giudici della Cassazione che, al contrario, hanno confermato la sentenza impugnata.

Gli effetti della sentenza penale nel processo civile

Ed infatti, il Tribunale aveva fatto corretta applicazione del principio secondo cui “in sede civile, il giudice di merito ha il potere di rivalutare in piena autonomia il medesimo fatto già vagliato nella sede penale minorile, dove, notoriamente, è preclusa la costituzione di parte civile ( cfr. art. 10 D.P.R. 448/1988 ) e, conseguentemente, non è applicabile la previsione dell’art.652 c.p.p. riguardante i rapporti fra giudizio penale e giudizio civile nelle cause in cui si controverta di risarcimento danni”.

Al riguardo, anche la Corte di Cassazione ha chiarito che “la sentenza penale di non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale nei confronti di imputato minorenne non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile risarcitorio, perché esula dalle ipotesi previste negli artt. 651 e 652 cod. proc. pen. non suscettibili di applicazione analogica per il loro contenuto derogatorio del principio di autonomia e separazione tra giudizio penale e civile.

Ne consegue che il giudizio civile deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione, sebbene, nel rispetto del contraddittorio, possa tener conto di tutti gli elementi di prova acquisiti in sede penale, al fine di ritenere provato il nesso causale fra la condotta del minore e la lesione subita dall’attore” ( cfr. Cass. 24475/2014 ).

I principi sopra richiamati erano stati, perciò, correttamente applicati anche al caso in esame, ove la dichiarazione di non doversi procedere era stata determinata dalla mancanza di imputabilità per incapacità di intendere e di volere di un soggetto ultraquattordicenne.

Per tali motivi il ricorso è stato rigettato.

La redazione giuridica

 

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