L’allarme di Tito Boeri: giovani a rischio “generazione perduta”. Su di loro pesa il buco nei contributi

Siete nati negli anni Ottanta? Non ci sono buone notizie sul fronte pensionistico: l’Inps, infatti, ha trovato dei buchi nelle storie contributive di chi è nato in quegli anni, dovute a periodi passati fuori dal mercato del lavoro e che coincidono con periodi di disoccupazione anche piuttosto lunghi (in media si stimano due anni).

Questo buco contributivo, però, pesa sul possibile raggiungimento delle pensioni: a seconda della durata dell’interruzione, con le regole attuali, l’età pensionistica può arrivare a slittare fino anche a 75 anni. «Due anni senza contributi costeranno alla classe 1980 un ritardo nel conseguimento della pensione anche di 5 anni, portando così la possibilità di andare in pensione a 75 anni di età» ha spiegato chiaramente Tito Boeri.

Boeri, insomma, sottolinea quanto sia importante la continuità contributiva, e cerca di accendere i riflettori sulla necessità di individuare meccanismi di flessibilità previdenziale che permettano di mettere in sicurezza anche i lavoratori che sono privi di continuità contributiva e che per questo sono attualmente penalizzati. Altrimenti, spiega Boeri durante la cerimonia di proclamazione all’Università Cattolica parlando a una folla di neo specializzandi, avremo “intere generazioni perdute”, alla luce, soprattutto, degli alti livelli di disoccupazione giovanile.

Il consiglio del presidente dell’Inps è quello di “non lasciarsi illudere da situazioni con un salario netto più alto, ma in cui il datore di lavoro versa pochi contributi previdenziali”. Soprattutto perché, in un sistema contributivo, a pesare sono soprattutto i primi anni di carriera.

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