La Corte dei Conti pubblica i dati del Referto al Parlamento sulla gestione dei servizi sanitari regionali per l’esercizio 2016

Presentato il Referto al Parlamento sulla gestione dei servizi sanitari regionali per l’esercizio 2016.

I dati analizzati dalla Corte dei Conti fotografano una situazione piuttosto rosea per quanto concerne la spesa pubblica sanitaria delle regioni.

Settore, quello sanitario, che impegna la “parte preponderante delle risorse regionali” con il fine di garantire il diritto alla salute, costituzionalmente sancito.

I numeri dei servizi sanitari regionali

Nel peridio 2009/2016 l’Italia insieme a Grecia e Portogallo ha ridotto la spesa per l’assistenza sanitaria, mentre negli altri paesi considerati si registra un aumento.

Rispetto a quanto si crede, la Nota di Aggiornamento al Def 2017 mostra che il Servizio sanitario nazionale non ha contribuito a far lievitare la spesa pubblica in questi anni.

La spesa sanitaria, nel triennio 2014/2016, cresce (+0,9%) meno della restante spesa corrente primaria, mentre spesa pensionistica e altre prestazioni sociali in denaro aumentano ad un tasso medio circa doppio.

L’incidenza della spesa sanitaria sul Pil è poi diminuita negli anni. Da 6,8% del 2013 al 6,73% del 2016.

Le tendenze rilevate

Secondo la Corte dei Conti i dati in esame nel Referto dimostrano delle tendenze di fondo.

I dati di contabilità per l’esercizio 2016 dei servizi sanitari regionali dimostrano che il nostro Ssn “resta tra i (relativamente) meno costosi, pur garantendo, nel complesso, l’erogazione di buoni servizi”.

A tal proposito però, si sottolinea nel rapporto, “la guardia deve restare alta.

La maggiore durata della vita e l’innovazione tecnologica di farmaci e dispositivi medici spingono inevitabilmente ad un aumento della spesa. Pertanto, occorrerà valutare se le politiche di contenimento saranno compatibili con queste esigenze.

E soprattutto se il sistema economico nel suo complesso sarà in grado di sostenere la richiesta di ulteriori risorse per il mantenimento di un adeguato livello delle prestazioni sanitarie erogate ai cittadini.”

Segue poi la diminuzione del deficit “ridotto a circa un miliardo di euro e con buone prospettive di rientro”.

Da notare poi “la riduzione del debito verso i fornitori, ridottosi di circa il 40% tra il 2012 e il 2016”.

Altra tendenza positiva registrata è la crescita delle disponibilità liquide presso gli enti sanitari.

“Questo fenomeno è ambivalente. Da un lato segnala che i vari interventi hanno consentito un miglioramento dei flussi di entrata degli enti sanitari.

Dall’altro evidenzia una certa vischiosità all’interno delle procedure di pagamento, considerato che ancora è rilevante il debito e che ancora si rilevano pagamenti per interessi passivi per anticipazioni di cassa e moratori”.

Si può quindi affermare che “il comparto sembra avere raggiunto un equilibrio”. Situazione verificabile solo durante le gestioni successive.

La Corte sottolinea però che un effettivo equilibrio del sistema si raggiunga solo a patto di due condizioni essenziali: ricorso solo in occasioni marginali alle coperture e con il sostanziale azzeramento del debito verso i fornitori.

Come rendere efficiente il sistema

Una buona gestione dei servizi sanitari regionali passa da una ripartizione ragionata dei fondi con una tempestiva programmazione in tempi adeguati delle risorse.

Una situazione che purtroppo spesso non si verifica compromettendo “un’efficiente gestione delle risorse e ne rende anche opaca la rappresentazione contabile”.

“Si procede, infatti, – nota la Corte – con acconti periodici e regolazioni che avvengono ogni due/tre anni, con tutte le difficoltà del caso nella ricostruzione e nella lettura dei conti”.

In più “la politica di contenimento della spesa pubblica in generale ha compresso pesantemente l’ambito degli investimenti, ed anche il settore sanitario ne ha risentito.

Ciò non contribuisce al rilancio dell’economia e incide qualitativamente sul livello dei servizi erogati”.

L’efficienza del sistema passa poi dalla determinazione di parametri obiettivi per la definizione del costo dei Lea delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome.

Non ricevono fondi dallo stato ma utilizzano proprie risorse economiche per il funzionamento dei servizi sanitari regionali, quindi la quota virtualmente loro assegnata “corre il rischio di essere priva di effettivo significato”.

Si devono poi approntare “regole per l’omogenea integrazione dei conti del perimetro sanitario di cui al Titolo II del d.lgs. n. 118/2011, con il bilancio regionale generale disciplinato dallo stesso decreto legislativo”.

“L’integrazione dei due ambiti potrebbe – secondo il rapporto stilato –  consentire una ricostruzione esaustiva dei conti regionali ai fini del coordinamento della finanza pubblica.

Conseguentemente si avrebbe una più adeguata valutazione dei conti delle Regioni e Province autonome anche alla luce dei risultati degli enti sanitari.

 

Barbara Zampini 

 

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