La Corte costituzionale si è pronunciata in ordine ad un presunto caso di illegittimità costituzionale: si tratta della disposizione concernente l’indennizzo, posto a beneficio dallo Stato, per i soggetti con sindrome di talidomide, dal nome del relativo farmaco

La disposizione in esame avrebbe cagionato una compressione della tutela del diritto alla salute, creando una disparità di trattamento tra soggetti danneggiati, nati nel 1958 o nel 1996, rispetto a quelli nati tra il 1959 ed il 1962, prevedendo una diversa decorrenza del beneficio in questione.

L’ordinanza del Tribunale di Bergamo

Con ordinanza del 9 dicembre 2016, il Tribunale ordinario di Bergamo, in funzione di giudice del lavoro, aveva sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 21-ter, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 (Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio), convertito nella legge 7 agosto 2016, n. 160.
La disposizione è censurata nella parte in cui riconosce anche ai nati nel 1958 e nel 1966 – affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell’omonimo farmaco e manifestatasi nelle forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e della micromelia – l’indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie (di cui all’art. 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229), ma «solo dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (21 agosto 2016)».

La vicenda

Il giudice lombardo si era, infatti, trovato di fronte alla necessità di decidere sulla controversia promossa da un cittadino danneggiato, nei confronti del Ministero della salute, in persona del ministro pro tempore.
Nel giudizio principale questi, aveva dedotto di essere nato il 2 ottobre 1958 e di essere affetto dalla nascita, da una malformazione congenita dell’arto superiore sinistro (focomelia), riscontrata e certificata dalla Commissione Sanitaria per l’Accertamento dell’Invalidità Civile del comune di residenza, nonché dalla Commissione Sanitaria della USSL di Bergamo.
Riscontrata l’assenza di tare genetiche o familiari, la malattia era stata «ascritta eziologicamente» all’assunzione materna, durante la gravidanza, del farmaco talidomide, di cui era stato successivamente accertato, l’effetto teratogeno sull’embrione.

L’evoluzione della normativa

Ma il Tribunale di primo grado, aveva rilevato che secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)», l’indennizzo disciplinato dall’art. 1 della legge n. 229 del 2005, e originariamente previsto a beneficio dei soli danneggiati da vaccinazioni obbligatorie e poi esteso anche «ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell’omonimo farmaco», nelle forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e della micromelia, fosse applicabile ai soli soggetti, affetti dalle patologie sopra indicate, nati negli anni dal 1959 al 1965, in quanto in Italia la commercializzazione del talidomide sarebbe avvenuta solo nel periodo compreso tra il 1959 ed il 1962.
Successivamente, l’art. 1, comma 3, del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 2 ottobre 2009, n. 163 (Regolamento di esecuzione dell’articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che riconosce un indennizzo ai soggetti affetti da sindrome da Talidomide, determinata dalla somministrazione dell’omonimo farmaco) ha disposto la decorrenza di tale indennizzo «dalla data di entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244», ovvero dal 1° gennaio 2008.
Mentre l’art. 21-ter, comma 1, del d.l. n. 113 del 2016, ha riconosciuto la spettanza del beneficio anche ai soggetti «nati nell’anno 1958 e nell’anno 1966», ma con decorrenza dal 21 agosto 2016, data di entrata in vigore della legge di conversione.
Ciò significava che il ricorrente, quand’anche avesse presentato istanza al Ministero della salute per ottenere l’indennizzo citato, avrebbe ottenuto un diniego per mancanza dei requisiti richiesti.

Una disparità di trattamento?

Sul piano della tutela dei diritti costituzionali, ciò comporta una chiara violazione del principio di uguaglianza consistente nella disparità di trattamento riservata ai nati negli anni 1958 e 1966, affetti da sindrome da talidomide, rispetto ai nati negli anni dal 1959 al 1965, affetti dalle medesime patologie: per questi ultimi, l’indennizzo spetta, in base al regolamento di esecuzione dell’art. 2, comma 363, della legge n. 244 del 2007, dalla data di entrata in vigore di quest’ultima, ossia dal 1° gennaio 2008; per i primi, nel cui novero rientra anche il ricorrente nel giudizio in esame, la provvidenza economica spetta solo dal 21 agosto 2016, data di entrata in vigore della legge di conversione che ha aggiunto al d.l. n. 113 del 2016 la disposizione censurata.
Il legislatore, così facendo, avrebbe tutelato giuridicamente due situazioni identiche nei loro presupposti di fatto, creando però tra le stesse «un divario così ampio da risultare ingiustificato ed irrazionale» e, quindi, contrastante con l’art. 3 Cost.
Senza peraltro, contare che nel caso in esame, era in gioco il diritto alla salute, diritto irriducibile e protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana» e del fatto che nel caso in esame, la lesione di esso sarebbe derivata dalla commercializzazione di un farmaco altamente dannoso per l’embrione, imputabile allo Stato.

L’equo indennizzo del danno da sottoposizione a trattamenti sanitari quasi-obbligatori

Il Giudice delle Leggi, chiamato a pronunciarsi in ordine alla citata questione di legittimità costituzionale, ha ricordato che “la menomazione della salute conseguente a trattamenti sanitari, oltre al risarcimento del danno in base alla previsione dell’art. 2043 del codice civile, può determinare il diritto a un equo indennizzo, in forza degli artt. 32 e 2 Cost., qualora il danno, non derivante da fatto illecito, sia conseguenza dell’adempimento di un obbligo legale (come ad esempio la sottoposizione a una vaccinazione obbligatoria), o di un trattamento, pur non obbligatorio, ma promosso dalle autorità sanitarie in vista della sua diffusione capillare nella società anche nell’interesse pubblico (laddove, ad esempio, la menomazione consegua alla sottoposizione a una vaccinazione raccomandata: da ultimo, sentenza n. 268 del 2017)”.

Altri indennizzi per danni alla salute di natura assistenziale

In ulteriori e differenti ipotesi, la menomazione della salute – non provocata da responsabilità delle autorità sanitarie, né conseguente all’adempimento di obblighi legali o alla spontanea adesione a raccomandazioni di quelle stesse autorità – può comportare il diritto, qualora ne sussistano i presupposti a norma degli artt. 2 e 38, secondo comma, Cost., a misure di natura assistenziale, disposte dal legislatore nell’ambito della propria discrezionalità (sentenze n. 342 del 2006, n. 226 del 2000 e n. 118 del 1996).
Proprio al novero di tali misure è da ascrivere l’indennizzo riconosciuto dall’art. 2, comma 363, della legge n. 244 del 2007 ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, nelle forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e della micromelia, determinata dall’assunzione dell’omonimo farmaco.

La discrezionalità del legislatore

A fronte di tali situazioni di bisogno, la Corte aveva anche affermato che la determinazione del contenuto e delle modalità di realizzazione degli interventi assistenziali avviene secondo criteri rimessi alla discrezionalità del legislatore, in base ad una ragionevole ponderazione con altri interessi di pari rilievo costituzionale (sentenze n. 342 del 2006 e n. 118 del 1996) e tali da non ledere, oltre al nucleo minimo della garanzie costituzionali, anche la parità di trattamento tra i destinatari (sentenze n. 293 del 2011, n. 342 del 2006 e n. 226 del 2000).
Ebbene, proprio alla luce della necessaria garanzia di parità di trattamento, la questione sollevata è stata accolta per le seguenti ragioni.
È in primo luogo da chiarire, che non si è in presenza di due distinte provvidenze, ma dello stesso indennizzo.
In secondo luogo, è da sottolineare che i due gruppi di soggetti ammessi all’identico beneficio non si trovano in una condizione diversa, essendo invece, al cospetto di identiche vicende relative alla commercializzazione in Italia del farmaco talidomide; ed entrambe le misure presentano natura assistenziale, basandosi sulla solidarietà collettiva, alla stregua degli artt. 2 e 38 Cost., garantita ai cittadini in una situazione di bisogno che il legislatore, nella sua discrezionalità, ha ritenuto meritevole di particolare tutela.
La ragione della delimitazione temporale della decorrenza del beneficio prevista dalla disposizione censurata, sarebbe invece esclusivamente di carattere finanziario.

La decisione

È il legislatore che ha il compito di apprezzare qualità, misura e modalità di erogazione delle provvidenze, nonché la loro gradualità, in relazione a tutti gli elementi di natura costituzionale in gioco, compresi quelli finanziari, componendo così il necessario equilibrio tra tutela del diritto al sostegno assistenziale, da una parte, e garanzia del mantenimento dell’equilibrio nella gestione delle risorse finanziarie disponibili, dall’altra; tuttavia, ciò non toglie che la scelta operata nel 2016, di estendere l’indennizzo ai soggetti nati nel 1958 e nel 1966, riconoscendo ad essi i medesimi presupposti di tutela, ma imponendo loro una decorrenza diversa e ben più penalizzante, sia assolutamente irragionevole, nonché lesiva dell’art. 3 Cost.
Per tali motivi, l’art. 21-ter, comma 1, del d.l. n. 113 del 2016, come convertito, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui l’indennizzo ivi indicato è riconosciuto ai soggetti nati nell’anno 1958 e nell’anno 1966, dalla «data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», anziché dalla «medesima data prevista per i soggetti nati negli anni dal 1959 al 1965».

La redazione giuridica

 
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