Certamente uno degli elementi distintivi del rapporto di lavoro subordinato è l’orario. Nella vicenda in esame era venuto in contestazione l’esistenza di tale rapporto tra il titolare di un esercizio commerciale e un proprio dipendente, per il sol fatto dell’esistenza di una società di fatto tra il primo e il padre di quest’ultimo

Era una società di fatto nata per gestire una ricevitoria di giochi e scommesse nel centro di un comune lucano.

Il titolare asseriva di gestire insieme ad un altro socio, padre del presunto dipendente, l’esercizio commerciale in questione. Ciò avrebbe dovuto escludere la pretesa di riconoscimento da parte di quest’ultimo, dell’esistenza di un rapporto di lavoro di subordinato.

Non sono stati dello stesso avviso i giudici di merito che hanno accolto l’istanza del lavoratore dipendente con sentenza confermata anche in Cassazione.

Ed in vero il rapporto di lavoro subordinato poteva dirsi presunto sulla base dell’accertata consistenza dell’orario di lavoro; dell’accertamento dell’integrale svolgimento della prestazione oraria richiesta, così come dedotto dal dipendente, ed, infine, “dall’irrilevanza del coinvolgimento del padre di quest’ultimo nell’attività lavorativa della ricevitoria, anche se diretto a sollevare il figlio dall’obbligo di coprire l’intero orario di lavoro”.

In altre parole, per i giudici della Cassazione l’esistenza di una presunta «società di fatto» tra il titolare della ricevitoria e il padre del dipendente, non assumeva alcun rilievo.

Tale circostanza, spiegano la Cassazione, non può avere incidenza sulla «funzionalità del rapporto tra datore di lavoro e lavoratore».

 La società di fatto

Il termine società di fatto viene solitamente utilizzato per indicare un’aggregazione sociale nata da una semplice intesa verbale o da un mero comportamento concludente da cui emerga inequivocabilmente l’intenzione delle parti di costituire tale rapporto sociale.

Per potersi parlare giuridicamente di società di fatto sono necessari due elementi: il primo, quello soggettivo, già citato della volontà delle parti rappresentato dalla cosiddetta affectio societatis, ossia la comune intenzione di perseguire uno scopo comune di lucro e il secondo, di natura oggettiva che è dato dal conferimento di beni o servizi da parte dei soci, costituenti il fondo comune.

Il riferimento normativo è rappresentato dalle norme giuridiche che regolano le società semplici o le società in nome collettivo irregolare, a seconda che sia o meno esercitata una attività commerciale.

Inoltre, non essendo iscritta nel registro delle imprese, la società di fatto non gode di personalità giuridica (manca infatti, l’atto costitutivo), rimanendo pur sempre un soggetto di diritto.

Si è soliti, inoltre, sovrapporre la nozione di società di fatto con quella di società irregolare. Ma in realtà i due fenomeni rappresentano istituti ben diversi. Sarebbe invece più corretto affermare che la prima costituisce una species del genus società irregolare: la società di fatto, in altre parole, rappresenta soltanto una delle possibili manifestazioni di quest’ultima.

La redazione giuridica

 

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