L’evoluzione tecnologica ha consentito di approntare strumenti informatici del tipo “software”, solitamente istallati in modo occulto su un telefono cellulare, che consentono di captare tutto il traffico dei dati in arrivo o in partenza dal dispositivo

Per i giudici della Cassazione il solo fatto dell’installazione di siffatti spy-software integra il reato di cui all’art. 617 bis c.p. che sanziona “chiunque, fuori dai casi consentiti, installa apparati, strumenti, parti di apparati o strumenti al fine di intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone è punito con la reclusione da uno a quattro anni”.

La vicenda

Ebbene la vicenda al vaglio della Quinta Sezione Penale della Cassazione, trae origine dalla denuncia presentata da una moglie nei confronti del marito, che aveva fatto installare nel suo telefono cellulare uno spy-software idoneo ad intercettare le sue comunicazioni telefoniche.
Condannato in primo grado con sentenza confermata anche in appello, l’uomo presentava ricorso per Cassazione denunciando la violazione di legge in relazione agli artt. 617 bis c.p e 14 delle Preleggi del c.c., sul rilievo dell’applicazione analogica della norma incriminatrice in ragione dell’assimilazione all’”apparato o strumento” da essa contemplato, al programma informatico installato all’interno del telefono cellulare della propria moglie.
Non soltanto, ma il reato sarebbe stato anche scriminato dal consenso della stessa persona offesa, la quale, destinataria delle intrusioni, era stata informata dal foglio di installazione del software sul proprio cellulare e perciò, – a detta del ricorrente – non aveva subito in concreto alcuna lesione alla propria libertà di comunicazione.

Ma i giudici della Cassazione non sono d’accordo.

Le Sezioni Unite con un recente sentenza (n. 26889/2016) hanno spiegato che l’evoluzione tecnologica ha consentito di approntare strumenti informatici del tipo “software”, solitamente istallati in modo occulto su un telefono cellulare, un tablet o un PC, che consentono di captare tutto il traffico dei dati in arrivo o in partenza dal dispositivo e, quindi, anche le conversazioni telefoniche.
Alla luce si siffatta interpretazione del diritto vivente, non è possibile dubitare dell’inclusione dei programmi informatici denominati “spy-software” nella categoria degli “apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti” diretti all’intercettazione o all’impedimento di comunicazione o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone, di cui all’art. 617-bis, comma 1, c.p., venendo in rilievo una categoria aperta e dinamica, suscettibile di essere implementata per effetto delle innovazioni tecnologiche che, nel tempo, consentono di realizzare gli scopi vietati dalla legge.
Altrettanto noto è che l’art. 617-bis c.p. anticipa la tutela della riservatezza e della libertà delle comunicazioni mediante l’incriminazione di fatti prodromici all’efficacia lesiva del bene, punendo l’installazione di apparati o strumenti, ovvero di semplici parti di essi, per intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telefoniche.

La configurabilità del reato

«Ne deriva che ai fini della configurabilità del reato si deve avere riguardo alla sola attività di installazione e non a quella successiva dell’intercettazione o impedimento delle altrui comunicazioni, che rileva solo come fine della condotta, con la conseguenza che il reato si consuma anche se gli apparecchi installati, fuori dall’ipotesi di una loro inidoneità assoluta, non abbiano funzionato o non siano stati attivati».
Per i giudici della Cassazione, allora, le deduzioni difensive in ordine all’eventuale esistenza del consenso all’intrusione, desumibile dal comportamento inerte della detentrice del telefono cellulare interessato dal software, in ordine all’assenza di un’effettiva lesione della libertà delle comunicazioni della destinataria delle condotte intrusive, erano prive di rilievo, poiché si riferivano ad una situazione – la captazione delle comunicazioni telefoniche- che rappresenta un post-factum rispetto al momento di consumazione del reato, coincidente (appunto) con l’installazione del software.
Per questi motivi il ricorso è stato respinto e condannata il ricorrente, al pagamento delle spese processuali.

La redazione giuridica

 
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