L’imputato, pur avendo agito per gelosia nei confronti della donna a cui sottraeva il cellulare all’interno della borsa per visionare i messaggi e le conversazioni, deve essere condannato per furto essendo stato provato il dolo specifico di trarre profitto anche in senso economico-patrimoniale dall’uso del telefono

Preso da un momento di gelosia, sottraeva la borsa della propria ex fidanzata, allo scopo di prendere il telefono e visionare i messaggi e le conversazioni dalla stessa intrattenute.

Seguiva la denuncia e la condanna in primo grado per furto aggravato (con strappo).

In appello, la corte territoriale riformulava parzialmente la sentenza, degradando il reato contestato in furto semplice e riducendo la pena per quest’ultimo.

L’imputato ricorreva per la cassazione della sentenza, lamentando l’errore in cui i giudici della corte d’appello erano incorsi nell’aver qualificato il fatto commesso come integrante reato; perché in realtà la sentenza non stava in piedi!

Nella motivazione si era dato atto dell’esistenza di un precedente legame sentimentale tra l’imputato e la persona offesa e che egli aveva agito per gelosia, ma non aveva argomentato in relazione al profitto e dunque al dolo specifico, che pure era stato ritenuto esistente, sebbene carente sotto il profilo della prova.

Furto semplice o furto con strappo?

Secondo i giudici della Cassazione era stato corretto il giudizio operato dalla corte di merito nel qualificare il fatto come furto semplice.

Quanto invece, alla ritenuta esistenza del dolo specifico, essi richiamano i due orientamenti, cui la giurisprudenza di legittimità da sempre si è attenuta.

Secondo un primo indirizzo il concetto di profitto deve essere inteso in senso ampio, in modo da comprendervi non solo il vantaggio di natura puramente economica, ma anche quello di natura non patrimoniale, realizzabile con l’impossessamento della cosa mobile altrui (Sez. 2, Sentenza n. 40631 del 09/10/2012).

Detto in altri termini, il fine di profitto, in cui si concretizza il dolo specifico, non deve individuarsi esclusivamente nella volontà di trarre un’utilità patrimoniale dal bene sottratto, ma può anche consistere nel soddisfacimento di un bisogno psichico e rispondere, quindi, a una finalità di dispetto, ritorsione o vendetta. (Sez. 5, Sentenza n. 19882 del 16/02/2012)

Giova ricordare ad esempio una sentenza della Corte di legittimità, nella quale è stata ritenuta l’ipotesi del furto in un caso – analogo al presente – nel quale l’agente aveva sottratto un’agendina telefonica dalle mani della vittima, al solo scopo di impedire a quest’ultima di fare una telefonata, oppure nella sottrazione di un bene al solo scopo di fare una cosa sgradita al detentore.

Non sono mancate pronunce di senso contrario che hanno cioè interpretato la nozione di profitto, in senso restrittivo, e cioè come possibilità di fare uso della cosa sottratta in qualsiasi modo apprezzabile sotto il profilo dell’utilità intesa in senso economico/patrimoniale. (Sez. 5, Sentenza n. 30073 del 23/01/2018).

La nozione di profitto nel reato di furto

I giudici della Cassazione, ritengono di dover preferire quest’ultima impostazione, in quanto “l‘accoglimento di una nozione dilatata del concetto di profitto – che sarebbe ravvisabile anche nel soddisfacimento di un bisogno psichico o, in genere, nell’acquisizione di un vantaggio o un’utilità non patrimoniale – si presta alla considerazione critica di trascurare il dato letterale e sistematico dell’inserimento del furto nei delitti contro il patrimonio, che costituisce il bene/interesse tutelato dalla norma (…)”.

E d’altra parte anche la dottrina pare condividere quest’ultimo pensiero. È infatti, proprio la nozione patrimonialistica del profitto, nel reato di furto a fungere da linea di confine tra questo reato e altre fattispecie delittuose, non caratterizzate (appunto!) dallo scopo di profitto da parte dell’agente.

Ma nel caso in esame doveva reputarsi in ogni modo corretta la ricostruzione giuridica effettuata dai giudici di merito i quali hanno dato atto che l’imputato, pur avendo agito per gelosia nei confronti della donna e preso la borsa per visionare i messaggi e le conversazioni, in seguito aveva restituito la borsa ma non anche il cellulare; con ciò dimostrando, l’intento di volere trarre profitto anche in senso economico-patrimoniale dall’uso del telefono e, restando, pertanto, integrato anche l’elemento del dolo specifico richiesto per l’integrazione del delitto.

La redazione giuridica

 

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