La pratica riguarderebbe centinaia di bambine anche in Italia; gli accordi vengono presi nel nostro Paese ma le cerimonie vengono poi perfezionate all’estero

La scorsa settimana in Commissione Giustizia al Senato è iniziata la discussione di due disegni di legge relativi al fenomeno delle cosiddette ‘spose bambine’, che anche in Italia non sembra essere irrilevante. Sarebbero infatti centinaia, in base ai soli episodi denunciati, le bambine costrette a sposarsi nel nostro Paese. Le spose proverrebbero soprattutto dalle comunità di India, Pakistan, Bangladesh, Albania e Turchia; paesi di religione musulmana in cui, secondo la religione islamica, le bambine raggiungono la maggiore età a nove anni.
L’articolo 84 del nostro codice civile vieta il matrimonio ai minori di sedici anni e anche chi ha superato tale soglia deve essere espressamente autorizzato dal Tribunale. Tuttavia, la pratica dei matrimoni forzati viene perpetrata aggirando la normativa; gli accordi che vengono presi tra famiglie che risiedono in Italia per poi essere perfezionati all’estero, nei paesi di origine. Come spiegato nella relazione che accompagna i ddl, i genitori delle bambine le promettono in sposa a uomini molto più grandi in cambio di denaro e del mantenimento delle ragazze.
Le proposte di legge presentate a Palazzo Madama – rispettivamente a prima forma di Erika Stefani (Lega) e Anna Cinzia Bonfrisco (Cor-Direzione Italia) – mirano a combattere tale pratica attraverso l’introduzione nel nostro Codice penale dei reati di costrizione al matrimonio, induzione al viaggio finalizzato al matrimonio e costrizione al matrimonio di persona minorenne, oltre all’aggravante specifica in caso di femminicidio. Sono previste pene che variano tra i tre e gli otto anni di reclusione nel caso di matrimoni effettivamente portati a termine, ma si rischiano fino a tre anni di carcere anche solamente in caso di viaggio finalizzato a tale scopo e se a essere coinvolte sono persone della famiglia, la pena varia da sei a quindici anni.

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