La sentenza in commento è interessante perché pone un quesito molto frequente: è valido il licenziamento intimato alla lavoratrice, se nel periodo di preavviso la stessa risulta essere in stato di gravidanza?

La domanda, in verità, pone un’altra, preliminare, questione: quando si perfeziona il provvedimento di licenziamento: al momento della sua comunicazione o alla scadenza del termine di preavviso?

La vicenda

La Corte d’appello di Ancora aveva respinto la domanda di nullità del licenziamento intimato alla ricorrente da parte della società datrice di lavoro.
La donna aveva impugnato l’atto di recesso in quanto invalido, posto che durante il periodo di preavviso del licenziamento la stessa aveva scoperto di essere incinta; pertanto doveva farsi applicazione del generale divieto di licenziamento delle donne lavoratrici fino al primo anno di età di vita del bambino.
Ma la corte territoriale aveva fatto un altro ragionamento. Aveva innanzitutto ritenuto che il predetto licenziamento, intimato per motivo oggettivo, si fosse perfezionato alla data di ricevimento da parte della lavoratrice della relativa lettera, sebbene la sua efficacia fosse stata posticipata alla scadenza del periodo di preavviso (il mese successivo).
Aveva, inoltre, individuato il momento di inizio dello stato oggettivo di gravidanza in base alla documentazione medica in atti e alla CTU svolta nel giudizio di primo grado, anziché secondo la presunzione legale di cui all’art. 4 del d.P.R. n. 1026 del 1975, adoperata già dal giudice di prime cure e riferita a trecento giorni prima della data presunta del parto; in questo modo aveva fatto risalire l’inizio dello stato oggettivo di gravidanza a una data successiva all’intimazione del recesso.

Il ricorso per Cassazione

A seguito di ricorso da parte della lavoratrice la vicenda è giunta in Cassazione.
Come noto l’articolo 54 del d.lgs. n. 151/2001 prevede espressamente che “le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza (…) fino al compimento di un anno di età del bambino”.
La corte inoltre aveva fornito una errata valutazione della natura del preavviso come obbligatoria anziché reale.
Sosteneva, in altre parole, la ricorrente, che in base a giurisprudenza consolidata, nel periodo di preavviso, il rapporto di lavoro prosegue con gli stessi obblighi e diritti a tutti gli effetti, fatto salvo il consenso del lavoratore all’immediata o anticipata risoluzione dello stesso.
Con la conseguenza che la sopravvenienza, nel corso di detto periodo di preavviso, dello stato di gravidanza della lavoratrice rende comunque operante la tutela dell’art. 54 d.lgs. n. 151/2001.

Ma è proprio così?

Secondo un orientamento consolidato, il licenziamento, come negozio unilaterale recettizio, si perfeziona nel momento in cui la manifestazione di volontà del datore di lavoro recedente giunge a conoscenza del lavoratore, anche se l’efficacia – vale a dire la produzione dell’effetto tipico, consistente nella risoluzione del rapporto di lavoro – viene differita ad un momento successivo.
Da tali premesse discende che la verifica delle condizioni legittimanti l’esercizio del potere di recesso deve essere compiuta con riferimento al momento in cui detto negozio unilaterale si è perfezionato e non già con riguardo, ove il licenziamento sia stato intimato con preavviso, al successivo momento della scadenza del preavviso stesso.
Nella fattispecie in esame, la Corte d’appello aveva fatto corretta applicazione di tali principi, laddove aveva escluso la nullità del licenziamento, ai sensi dell’art. 54 D.Lgs. n. 151 del 2001, sul rilievo che al momento in cui lo stesso era stato intimato (e, dunque si era perfezionato) la lavoratrice non si trovasse oggettivamente in stato di gravidanza.
D’altra parte è la stessa formulazione letterale dell’art. 54 citato, comma 5, che sancisce la nullità del licenziamento per violazione del relativo divieto avendo riguardo al momento in cui lo stesso è “intimato” (dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine del periodo di intimazione dal lavoro nonché fino al compimento di un anno di età del bambino) e non al momento di produzione degli effetti.

Lo stato di gravidanza e l’effetto sospensivo

I giudici della Cassazione hanno anche, ricordato che lo stato di gravidanza, insorto durante il periodo di preavviso, se pure non è causa di nullità del licenziamento ai sensi dell’art. 54, costituisce evento idoneo, ai sensi dell’art. 2110 c.c., a determinare la sospensione del periodo di preavviso.
Ma nel caso in esame, correttamente i giudici della corte d’appello non avevano dato alcun rilievo a tale circostanza posto che la violazione dell’art. 2110 c.c., era stata dedotta dalla ricorrente non al fine di far valere l’inefficacia del recesso ma solo in relazione all’unica domanda proposta: la nullità del licenziamento.
Per tali motivo il ricorso è stato definitivamente respinto. Niente da fare dunque per la lavoratrice … licenziata!

Dott.ssa Sabrina Caporale

 
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