Nell’ambito della consulenza tecnica giudiziaria è prevista la possibilità di utilizzo di taluni test psicologici per meglio approfondire e/o confermare i dati clinici emersi durante l’iter peritale.

La consulenza tecnica così come la perizia psicologica hanno lo scopo di approfondire l’assetto psichico di un soggetto, inclusa la sua personalità, le relazioni interpersonali e il contesto fattuale attraverso l’indagine delle relazioni familiari e degli indicatori fisici, cognitivi, emotivi e affettivi. Esse si connotano per essere condizioni cliniche/forensi volte a esaminare le dinamiche psicologiche del soggetto che risultino in grado di spiegarne il comportamento in base alle teorie e costrutti scientifici.

Lo psicologo, si ritrova ad accertare in ambito penale, l’immaturità del minore, la circonvenzione di incapace (ex art. 643 c. p.), la violenza sessuale (inferiorità psichica, ex art. 609 bis, comma 1 c. p.), l’idoneità mentale a rendere testimonianza (art. 196, comma 2 c.p.p.), mentre in ambito civile egli verrà chiamato per l’affidamento o adozione dei minori nei casi di separazione, richiesta dal Giudice in caso di incapacità dei genitori di accordarsi sull’affido dei figli, di solito per una conflittualità irrisolta (separazione giudiziale artt. 143 e segg. c. c.- stato di abbandono legge n° 149/2001), per la responsabilità genitoriale, valutando anche la persistenza del disagio del minore, potrà essere chiamato per valutare l’identità psicosessuale, il danno biologico di tipo psichico, il mobbing, lo stalking.

Per poter procedere a valutazione lo psicologo giuridico può avvalersi sostanzialmente di due strumenti metodologici:

  • colloquio clinico
  • test psicologici

Attraverso il primo di questi strumenti, vengono esplorati i vissuti, le emozioni e le difficoltà di un soggetto per poter approfondire attraverso il racconto della propria storia, i fattori intra-psichici, relazionali, familiari e biologici che possono aver scatenato/esacerbato le difficoltà, i disturbi o le sofferenze patite.

Esso si configura come strumento privilegiato dell’indagine peritale perché consente di stabilire un contatto con i soggetti coinvolti, costruendo una rappresentazione condivisa di ciò che stanno vivendo.

L’utilizzo dei test psicologici – pur con certi limiti – completa e integra i dati clinici ottenuti durante il colloquio, consentendo una valutazione del funzionamento mentale di un soggetto in tempi tra l’altro, relativamente brevi oltre a confermare o disconfermare le osservazioni cliniche precedentemente ottenute. I test si presentano come strumenti utili per un approccio di tipo dimensionale e quantitativo potendo fornire elementi psico-patologici di rilievo per la comprensione della personalità di un soggetto.

Ovviamente, i test psicologici non vanno mai intesi come “sostituti” del colloquio clinico/forense bensì come alleati dell’indagine peritale così come, è bene non somministrarne mai uno soltanto in quanto considerati singolarmente non garantiscono di per loro la possibilità di formulare diagnosi attendibili, ma piuttosto utilizzare una batteria testistica adeguata alla disamina peritale.

In sede peritale, essi hanno lo scopo di assolvere la “valutazione” sulla base dei quesiti posti dal Giudice e non quello di pervenire a un trattamento terapico.

Le indagini testistiche più diffuse in età evolutiva, dunque per bambini e adolescenti, sono i Test Grafici “carta e matita” (Test della Figura Umana di Machover, disegno della Famiglia, reattivo dell’Albero di Koch) utilizzati accanto a prove più strutturate come le Favole della Duss, il Wartegg, il Blaky Pictures, il Patte-Noire, il CAT ma anche il test Rorschach adattato ai bambini, la WISC-IV, per gli adolescenti l’MMPI-A, mentre negli adulti il test Rorschach, l’MMPI-2, il Wartegg, la WAIS.

È bene ricordare in ambito specificatamente neuro-psicologico l’utilizzo di alcuni dei su citati test riuniti in batterie risulta indispensabile al fine di esplorare i diversi ambiti dell’elaborazione cognitiva dell’informazione, permettendo così una valutazione oggettiva delle difficoltà cognitive e prassiche (afasia, aprassia, alessie, amnesie, agrafie, agnosie etc…).

Risulta opportuno sottolineare che si perviene alla scelta del test maggiormente adeguato sulla base dei dati a cui si vuole pervenire.

L’utilizzo dei test consente di ridurre le fonti di “errore” che possono provenire dalla soggettività dell’esaminatore o da meccanismi difficilmente carpibili con il solo colloquio.

Per garantire la validità dello strumento è bene che l’esaminatore si attenga alle modalità di somministrazione, procedure di scoring e siglatura dei protocolli così come indicati nel manuale d’uso.

Inoltre, lo stesso setting può divenire ulteriore fonte d’errore, poiché la stessa finalità all’intervento giudiziario tende a distorcere la modalità di adeguamento del soggetto al test e dunque, alle risposte fornite.

Diviene quindi necessario valutare l’eventuale alterazione di punteggi dovuti a fattori quali eccessiva difesa o desiderabilità sociale.

Risulta palese a questo punto, sottolineare come il risultato di un test o il punteggio di una scala vada valutata non come elemento a sé stante, ma inserendolo all’interno di un quadro più complesso che comprenda la raccolta clinico-anamnestica e la storia personale di quel determinato soggetto.

Concludendo, giova mettere in evidenza che l’applicabilità, quanto l’efficacia dei test psicodiagnostici è garantita solo se vengono rispettati i requisiti che sono alla base di ogni test psicologico insieme ad un’indispensabile formazione specifica sulla psicodiagnosi.

 

 

Dott.ssa Maria Cristina Passanante

Specialista in Psicologia Giuridica e delle Assicurazioni –

Perfezionata in Psicodiagnostica Forense

 

 

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