“Gli impresentabili – corrotti, rinviati a giudizio, collusi e fuori dalle regole eppure sono in lista”, con questo titolo il 2 marzo del 2010 un noto quotidiano nazionale, pubblicava un articolo riguardante le elezioni politiche di una regione italiana, prendendo di mira, in special modo, i candidati di una lista in gara

Ebbene il capolista candidato alle elezioni decideva di sporgere denuncia contro il giornale per diffamazione. Nei primi due gradi di giudizio il direttore del quotidiano veniva condannato; assolti invece, i due giornalisti che avevano firmato l’articolo. In particolare, secondo i giudici di merito il contenuto diffamatorio non era da rinvenirsi nel testo del pezzo giornalistico, quanto piuttosto nel titolo e nel sottotitolo.

Ma per la difesa tale argomentazione non stava in piedi: il titolo, per essere penalmente rilevante, avrebbe dovuto contenere un’affermazione autonomamente diffamatoria nei confronti della persona offesa, mentre dalla lettura chiarificatrice del trafiletto che lo riguardava si poteva capire che questi, pur essendo “impresentabile”, non era riconducibile ad alcuna delle categorie menzionate nel sottotitolo.

In tal modo il ricorrente criticava il ragionamento della Corte territoriale che aveva fondato la decisione sulla figura del cd. “lettore frettoloso” ma che, se anche fosse stato tale, avrebbe potuto leggere il brevissimo trafiletto ed evincere che non vi era alcun intento diffamatorio riferito al denunciante.

Il parere della Cassazione

Per i giudici della Suprema Corte il ricorso è inammissibile.

Secondo giurisprudenza costante, il titolo può assumere valenza diffamatoria e come! anche prescindendo dal contenuto dell’articolo cui si riferisce.

Esso, infatti, è in grado di orientare il lettore e di trasmettergli un’informazione compiuta, a maggior ragione quando è caratterizzato da espressioni forti e lapidarie come quello in discussione ed a fortiori riguardando la propensione dell’utente ad una lettura sommaria del contenuto dell’articolo.

Il “lettore frettoloso”

La figura del “lettore frettoloso” è stata recepita dalla giurisprudenza della Cassazione, che ne ha tratto la necessità di vagliare i titoli e l’esposizione grafica delle singole componenti dell’articolo, al fine di valutare se una lettura che si limiti ai passaggi maggiormente evidenziati possegga un’autonoma portata diffamatoria (sul tema, cfr. Sez. 5, n. 4558 del 09/12/2010; Sez. 5, n. 26531 del 09/04/2009; Sez. 5, n. 8035 del 03/06/1998; nonché, nella giurisprudenza civile, Sez. 3, Ordinanza n. 12012 del 16/05/2017).

Il “percorso guidato” alla lettura

Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale aveva correttamente evidenziato che, dalla combinazione tra titolo e sottotitolo con il nome della persona offesa in neretto sotto quello della Regione (quest’ultimo in carattere maiuscolo rosso con sottolineatura), il “lettore frettoloso” avrebbe potuto trarre la convinzione che la persona offesa appartenesse ad una delle categorie di impresentabili menzionate nel sottotitolo, secondo quello che la Corte territoriale ha definito un “percorso guidato”.

Di fronte a quest’ultima affermazione, che correla tra loro il titolo, il sottotitolo e l’evidenziazione grafica del nome della persona offesa, la decisione finale non può che essere quella di condanna nei confronti del direttore del giornale.

Vale la pena, inoltre, ricordare che secondo la definizione che ne ha dato la giurisprudenza di legittimità, il lettore frettoloso, è proprio colui che si sofferma sulle parti graficamente più accattivanti dell’articolo e che omette di leggerne il contenuto, sicché l’argomentazione secondo cui tale figura di fruitore dell’informazione, proprio perché superficiale, avrebbe potuto estendere la lettura alle brevi righe dedicate alla persona offesa contenute nel trafiletto, non ha alcun senso, essendo in totale contrasto con la sua stessa definizione.

La redazione giuridica

 

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