Altra pronuncia sulle patologie causate da trasfusioni di sangue infetto e cristallizzazione del nesso di causalità (Tribunale di Catania, Sentenza n. 2690 del 26 giugno 2019)

Il fratello di un uomo deceduto da HCV e thalassemia chiama in causa il Ministero della Salute onde vedersi riconosciuto il danno biologico patito dal fratello a causa delle trasfusioni di sangue infetto e il danno jure proprio per perdita del rapporto parentale.

L’uomo deceduto affetto da thalassemia major aveva praticato dal 1989 trasfusioni di sangue presso l’Ospedale di Siracusa. Dopo 3 anni dall’inizio delle trasfusioni all’uomo veniva diagnosticata infezione da HCV.

Nel 2005 la Commissione Medica Ospedaliera del Presidio di Siracusa si esprimeva positivamente in ordine al nesso causale della positività da HCV con le emotrasfusioni praticate dall’uomo.

Ciò nonostante il Ministero si costituiva in giudizio eccependo la mancata prova del nesso causale in considerazione del fatto che l’uomo avrebbe potuto contrarre il virus da HCV attraverso altre modalità.

Il Tribunale di Catania considera la domanda fondata.

Viene evidenziato che le conclusioni assunte dalla Commissione Ospedaliera nel 2005, sebbene di natura amministrativa, sono confermate dalla CTU espletata ove emerge che “il xxxxxxx che indubbiamente necessitava di emotrasfusioni con i criteri dell’emergenza medica a causa della grave anemia che è parte integrante della talassemia majior di cui era affetto e che trovava nelle trasfusioni l’unica ineludibile procedura per mantenerlo in vita, non poteva essere sottoposto a trattamenti alternativi e l’infusione di emazie concentrate comportava un rischio teorico, astratto, non valutabile prima del 1991, certamente inferiore di gran lunga alla minaccia per la vita rappresentata dalla grave anemizzazione”.

Onde i Giudici ne derivano sussistente il nesso di causalità tra le trasfusioni e l’epatopatia HCV correlata di cui risultava affetto l’uomo deceduto.

Inoltre non è stata fornita nessun prova circa rischi diversi di trasmissione della citata patologia cui l’uomo poteva essere esposto.

Il riconoscimento del nesso di causalità, precisano i Giudici, risponde ai principi cristallizzati dalla Suprema Corte secondo i quali la causalità ordinaria civile è identificabile nella probabilità relativa, ovverosia del più “probabile che non”.

Alla luce di tali considerazioni e in assenza di prova in ordine a comportamenti o stili di vita dell’uomo deceduto tali da fare supporre una diversa eziologia dell’infezione la stessa è stata ritenuta conseguenza delle emotrasfusioni cui fu sottoposto l’uomo presso l’Ospedale Umberto I° di Siracusa.

Tale evento dannoso è dunque da imputare a un comportamento colposo del Ministero.

Difatti sul punto anche le Sezioni Unite hanno chiarito e confermato la sussistenza in capo al Ministero dell’obbligo di controllo, direttiva e vigilanza in materia di impiego di sangue umano per uso terapeutico affinché fosse utilizzato sangue non infetto e proveniente da donatori conformi agli standard di esclusione dei rischi.

Secondo il Consesso cui il Tribunale dichiara di uniformarsi “non sussistono tre eventi lesivi (contagio da HIV, HBC e HCV), come se si trattasse di tre serie causali autonome ed indipendenti, ma di un unico evento lesivo, cioè la lesione dell’integrità fisica, per cui unico è il nesso causale: trasfusione con sangue infetto – contagio infettivo – lesione dell’integrità “.

Più recentemente, continua il Tribunale, la Suprema Corte ha confermato che in argomento di patologie conseguenti a infezioni dei virus HBV, HCV, HIV, contratti a causa di assunzioni di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, vi è la presunzione di responsabilità del Ministero della Salute per il contagio verificatosi tra gli anni 1979 e 1989.

Ne consegue che già all’epoca delle emotrasfusioni praticate dall’uomo deceduto incombeva sul Ministero della Salute il dovere di vigilare e di attivarsi per evitare, o quantomeno ridurre, il rischio di infezioni virali insito nella pratica terapeutica della trasfusione di sangue e dell’uso di emoderivati.

Acclarata la responsabilità ex art. 2043 del Ministero il Tribunale lo condanna a corrispondere a titolo di risarcimento del danno jure hereditatis per danno non patrimoniale subito dal fratello la somma di € 665.427,00 e a titolo di risarcimento del danno jure proprio per la morte del fratello la somma di € 145.500,00.

La redazione giuridica

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