Per la Procura il ritardo diagnostico – dovuto a “negligenza, imperizia, imprudenza e violazione delle leggi dell’arte medica” – non avrebbe consentito di intraprendere per tempo un corretto trattamento terapeutico

Due medici rischiano il processo per la morte di una giovane 26enne deceduta a maggio dello scorso anno a causa di un tumore alla coscia destra. Si tratta del responsabile del servizio di radiologia di una clinica di Pavia e di un medico dello sport che ebbe in cura la ragazza a Crema. I due camici bianchi sono accusati di omicidio colposo e cooperazione nel delitto colposo.

La 26enne, secondo la ricostruzione fornita dal Fatto Quotidiano, avrebbe cominciato ad avvertire a settembre 2013 un dolore al ginocchio destro. Dopo essersi recata da un massoterapista e da un fisioterapista senza averne tratto alcun beneficio, si sarebbe poi rivolta al medico dello sport. Nell’arco di nove mesi la ragazza si è sottoposta a sei visite e sei ecografie oltre a una risonanza magnetica nucleare presso la clinica di Pavia; ma il nodulo sarebbe continuamente stato interpretato come un ematoma.

In tutto quel periodo la massa tumorale sarebbe aumentata notevolmente e sarebbero comparse metastasi linfonodali inguinali; la gamba destra è diventata sempre più visibilmente gonfia fino a bloccare la normale deambulazione della giovane. Secondo i familiari, il ritardo diagnostico avrebbe quindi influito sulla prognosi della malattia togliendo alla paziente qualsiasi possibilità di salvarsi.

Tale ipotesi è stata accolta dalla Procura di Cremona; per il Pm che ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio, i due camici bianchi indagati in cooperazione colposa tra loro, non diagnosticando la patologia da cui era affetta la giovane “non hanno consentito il corretto trattamento terapeutico intrapreso con un ritardo di circa nove mesi cagionando la morte per colpa consistita in negligenza, imperizia, imprudenza e violazione delle leggi dell’arte medica”.

Il responsabile del servizio di radiologia, in particolare, non avrebbe interpretato correttamente le immagini relative alla risonanza eseguita nel dicembre del 2013 omettendo di svolgere gli indispensabili approfondimenti costituiti dalla ripetizione dell’esame dopo infusione di mezzo di contrasto e non prescrivendo l’esame istologico da effettuarsi mediante ago-biopsia della lesione; inoltre, non avrebbe fornito alla diretta interessata il referto con ulteriori specificazioni e indicazioni di eventuali percorsi clinici.

Il medico dello sport, a sua volta, avrebbe omesso di richiedere la necessaria consulenza specialistica ortopedica oltre a non aver valutato il progressivo accrescimento della massa e il peggioramento delle condizioni della paziente “perseverando per mesi nella prescrizione di trattamenti FKT per il trattamento di ematomi nonostante il continuo accrescimento delle dimensioni della neoformazione”.

 

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