Il professionista era finito a giudizio per omicidio colposo in seguito alla morte di una ragazza a Udine. La giovane era affetta da una malformazione congenita fino a quel momento rimasta latente

Un anno e sei mesi di reclusione, con sospensione della pena. E’ questo il verdetto del Tribunale di Udine a conclusione del processo che vedeva imputato un medico chirurgo dell’ospedale di Latisana, nella Bassa friulana. Il professionista era finito a giudizio, con l’accusa di omicidio colposo, per il decesso di una giovane di 14 anni, morta l’8 gennaio del 2014.

La ragazza aveva cominciato ad avvertire dei malesseri la notte di capodanno. Il 2 gennaio era stata accompagnata presso il Pronto soccorso di Latisana in preda a forti dolori addominali. Tuttavia, il medico, dopo aver acquisito gli esami ematici, avrebbe escluso patologie di interesse chirurgico, diagnosticando una sindrome gastroenterica. Inoltre, non avrebbe ritenuto di dovere ulteriormente visitare la paziente a fronte delle successive richieste avanzate dalla radiologa e dalla pediatra dopo che i controlli avevano evidenziato “un cospicuo versamento liquido in tutto l’addome”.

Solamente dopo alcune ore, a fronte del peggioramento del quadro clinico, la paziente era finita in sala operatoria. Tuttavia, durante l’intervento, sarebbe andata in “arresto cardiocircolatorio conseguente ad anossia cerebrale”. Era quindi stata trasferita d’urgenza all’ospedale di Udine, dove pochi giorni dopo era sopraggiunto il decesso. Gli accertamenti medico legali avevano evidenziato che la giovane era affetta da una malformazione congenita, un’ernia di Bochdalek al diaframma, rimasta fino a quel momento latente e asintomatica.

Secondo il perito incaricato dal Pm, la ragazza si sarebbe potuta salvare.

Sarebbe stato sufficiente, dopo la prima visita, ricoverarla e sottoporla subito a un intervento chirurgico. Invece per la Procura, “a causa della condotta gravemente imperita, imprudente e negligente” del medico, la paziente sarebbe arrivata in sala operatoria con ben quattro ore di ritardo. Il consulente aveva anche puntualizzato che “il tasso di mortalità post-operatorio nei pazienti che hanno sofferto del morbo di Bochdalek è di appena il 2%”. A suo giudizio, quindi, la ragazza sarebbe rimasta vittima di “gravi inadempienze e di errori diagnostici”. Da qui il rinvio a giudizio del chirurgo e la condanna, arrivata nelle scorse ore.

Respinta, dunque, la richiesta di assoluzione della difesa basata sulla perizia firmata dai tre esperti incaricati dal giudice nel dibattimento. I consulenti, secondo quanto riporta il Messaggero, avevano infatti concluso che “non è possibile stabilire (…)  un nesso di causa diretto ed esclusivo tra la condotta del medico e il decesso della paziente”. I legali del camice bianco hanno preannunciato che presenteranno appello.

 

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