Per quasi diciotto anni aveva ignorato l’identità del suo vero padre; aveva chiamato papà una persona diversa da quello naturale; ma un accertamento giudiziale rivela tutto e la Cassazione le riconosce il risarcimento del danno esistenziale

La vicenda

Tutto aveva avuto origine dal giudizio concernente l’accertamento giudiziale di paternità promosso da una madre e dalla propria figlia, nei confronti di un uomo identificato, quale padre naturale della minore.
In primo grado il Tribunale le aveva riconosciuto il diritto ad ottenere un contributo di mantenimento di 1.500 euro mensili, nonché la somma di 30.000 euro a titolo di risarcimento del danno esistenziale.
La decisione impugnata prima in appello poi, in Cassazione è stata confermata in via definitiva.
Ed invero, già la corte territoriale adita, aveva condiviso la statuizione di primo grado in merito al riconoscimento del danno esistenziale, rimarcando che il danno era stato ravvisato nella «grave carenza di ordine affettivo e di calore familiare» di cui la minore non aveva goduto dal momento in cui, nel 2010, aveva scoperto la diversa paternità.
Aveva per tali motivi confermato la liquidazione del danno.
Nonostante il ricorso presentato dall’uomo, anche in ultima istanza, è stato riconosciuto il diritto della figlia ad ottenere il risarcimento immediato del danno esistenziale per aver ritenuto legittimo un padre che non era il suo vero padre naturale.
Nessun rilievo, hanno assunto neppure le doglianze difensive relative alla quantificazione del risarcimento, in quanto generiche e volte ad ottenere un nuovo e più favorevole apprezzamento di circostanze di fatto già compiutamente valutate dai giudici di merito e pertanto, insindacabili in sede di legittimità.

Il danno esistenziale

In una delle più recenti sentenze della Cassazione il danno esistenziale è stato definito non già come un mero “sconvolgimento dell’agenda” o la mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità della vita, e neppure in meri disagi, fastidi, disappunti, ansie, stress o violazioni del diritto alla tranquillità, ma nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione o nel cambiamento della personalità del soggetto (Terza Sezione Civile della Cassazione,  ordinanza del 29 gennaio 2018, n. 2056).
Ciò è quanto i giudici della Suprema Corte hanno ravvisato nel caso in esame, e così hanno aggiunto un ulteriore tassello alla casistica del danno esistenziale.
Per tutti questi motivi, il ricorso è stato definitivamente respinto e confermata la decisione impugnata.

La redazione giuridica

 
Leggi anche:
SI’ AL MANTENIMENTO DELLA FIGLIA VENTENNE CHE NON VUOLE LAVORARE COL PADRE

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui