Uno studio statunitense ha rilevato che impiegare un batterio intestinale contro la sclerosi multipla potrebbe costituire una terapia efficace

Una ricerca americana ha scoperto che impiegare un batterio intestinale contro la sclerosi multipla potrebbe rappresentare una terapia efficace, ma soprattutto innovativa contro la malattia.
Lo studio, condotto tra l’Università dell’Iowa e la Mayo Clinic e pubblicato sulla rivista “Cell Reports”, si affianca a una ricerca, tutta italiana, condotta sullo stesso tema da ricercatori del San Raffaele di Milano. Quest’ultimo studio è stato pubblicato sulla rivista Science Advances nel mese di luglio. Il batterio in questione è il Prevotella histicola, ed è stato isolato da campioni di flora intestinale prelevati dall’intestino di soggetti sani.
Il batterio è stato poi iniettato per via orale ai topi ai quali era stata indotta l’encefalite allergica sperimentale, malattia molto simile alla sclerosi multipla.
Lo studio statunitense si rivela piuttosto importante, in quanto dimostrerebbe che utilizzare un batterio intestinale contro la sclerosi multipla darebbe risultati rilevanti nella cura della malattia. Lo studio si inserisce poi nella scia delle ricerche sui cosiddetti farma-microbi, che si dimostrerebbero cruciali nella cura di alcune patologie.
“Stiamo entrando in una nuova era della medicina – afferma l’autore dello studio, Joseph Murray – in cui useremo i microbi come farmaci per curare malattie. In generale lo studio del microbiota (l’insieme dei batteri all’interno del nostro intestino) è un filone della medicina sempre più promettente e in futuro ci potrà forse rivelare qual è il livello di rischio di ammalarsi di una determinata malattia”
Attraverso l’impiego di un batterio intestinale contro la sclerosi multipla, il quadro neurologico dei topi malati è migliorato, diminuendo nel loro organismo la concentrazione di due proteine che aumentano la concentrazione di cellule che contrastano la malattia.
Secondo il professor Giancarlo Comi, primario di neurologia e direttore dell’Istituto di Neurologia Sperimentale (INSPE) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele “lo studio è molto interessante e aggiunge un nuovo importante tassello al filone di ricerca legato al microbiota. In questa ricerca è stato dimostrato che la somministrazione del batterio Prevotella histicola protegge dallo sviluppo della malattia. Non possiamo però dire con certezza che sia la carenza di questo batterio a determinare la malattia perché a sua volta la Prevostella influenza gli altri germi”.
Per il professor Comi, infatti, potrebbe quindi esserci un altro batterio responsabile, la cui presenza sia in qualche modo contrastata dalla Prevotella ma, prosegue Comi, “la sua presenza ‘sulla scena del crimine’ è di grande rilevo perché da sola può influenzare modificazioni dell’attività infiammatoria del nostro sistema immunitario”.
Questi risultati, assai promettenti, hanno condotto gli esperti a ipotizzare in un futuro non troppo lontano, il batterio su pazienti affetti da sclerosi multipla.
Questa malattia autoimmune è causata da una degenerazione della guaina mielinica, la membrana con funzione isolante che avvolge gli assoni dei neuroni e forma la fibra nervosa. La demielinizzazione va a compromettere la capacità dei nervi di condurre gli impulsi da e per il cervello, provocando danni neurologici progressivi e devastanti.
La malattia, sempre più diffusa soprattutto fra le donne, è legata sia a fattori genetici che allo stile di vita condotto. Importanti anche i fattori ambientali che hanno due vie di comunicazione: polmoni e intestino. Non è infatti un caso che il fumo aumenti sensibilmente il rischio di malattia, ma anche il fattore intestinale ha un suo ruolo.
“Il nostro stile di vita ha un’influenza molto potente – ha concluso Comi – ovviamente se una persona non ha la predisposizione genetica non succede nulla, ma in chi ce l’ha tutto può capitare”.
 
 
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