È stato già sperimentato sulle scimmie un nuovo anticorpo contro il virus Hiv che, nel 2018, sarà testato anche sull’uomo

Sembra che importanti passi avanti saranno compiuti nella lotta all’immunodeficienza grazie a un nuovo anticorpo contro il virus Hiv.
Questo sarà sperimentato sull’uomo nel 2018 dopo un test già effettuato sulle scimmie e sarebbe in grado di attaccare il 99% dei ceppi del virus.
Contestualmente, un altro studio condotto da un team italiano ha scoperto come l’immunodeficienza umana riesca, a livello genico, a celarsi nel nostro organismo.

La scoperta di un nuovo anticorpo contro il virus Hiv potrebbe consentire di progressi consistenti contro l’immunodeficienza umana.

La patologia ha provocato milioni di morti e nel 2015, soltanto in Italia, ha colpito più di 3.400 persone.
I due studi, uno americano e l’altro italiano, sono in questo senso estremamente importanti. L’International Aids Society, infatti, ha definito i risultati dello studio condotto dall’Istituto nazionale di Salute americano e dalla casa farmaceutica Sanofi “una scoperta emozionante”.
La ricerca è stata pubblicata su “Science”.
Nel 2018 i medici dell’Harvard Medical School, del Scripps Research Institute e del Massachusetts Institute of Technology, inizieranno a sperimentare il nuovo anticorpo contro il virus Hiv sull’uomo per vedere se può prevenire o curare l’infezione.
Questo speciale anticorpo è stato definito ‘tri-specifico’, perché deriva dalla ‘somma’ di tre anticorpi.
“Sono più potenti e hanno una larghezza maggiore di qualsiasi singolo anticorpo naturale che è stato scoperto”, ha detto alla Bbc Gary Nabel, tra gli autori dello studio.

Il prezioso anticorpo sarebbe in grado di aggredire il virus nei suoi tre distinti punti deboli.

Quanto allo studio italiano, questo ha scoperto come il virus riesca a diffondersi.
La ricerca è stata pubblicata su Nature Communications e condotta dai ricercatori dell’unità di Biosicurezza dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (Sr-Tiget).
Lo studio si è avvalso inoltre della collaborazione dell’unità di Immunopatogenesi dell’Aids e con l’unità di Malattie infettive dell’ospedale San Raffaele.
Secondo lo studio, il virus Hiv, una volta entrato nell’organismo, infetta le cellule del sistema immunitario, integra il suo dna nel loro genoma e le utilizza per riprodursi e diffondersi in tutto l’organismo.
Ora, se era già noto dove Il virus dell’Hiv si nascondesse, adesso gli scienziati italiani hanno scoperto che l’Hiv, quando infetta le cellule T regolatorie (un sottotipo di cellule del sistema immunitario) integra il suo genoma accanto a due geni specifici, STAT5B e BACH2, e li attiva.
È proprio in questo modo che le cellule infette si riproducono più velocemente delle altre e persistono più a lungo nell’organismo.
Questo va a creare una sorta di serbatoio virale.
“Non solo il virus si inserisce nelle cellule T regolatorie – spiega Eugenio Montini, coordinatore dello studio e a capo dell’Unità Sr-Tiget – ma ne accresce le dimensioni e ne prolunga l’esistenza. L’aspetto più affascinante è che l’Hiv attua una e vera e propria operazione di ingegneria genetica per promuoverne la proliferazione e prolungarne l’esistenza”.
Le cellule T regolatorie hanno il compito di spegnere il nostro sistema immunitario quando è necessario.
Il fatto che l’Hiv ne influenzi la sopravvivenza e la proliferazione, dunque, potrebbe implicarne un ruolo fondamentale nella protezione dal virus.
 
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