È illegittimo vietare in modo assoluto – a prescindere dalle modalità concrete con cui avvenga la comunicazione informatica –l’utilizzo della posta elettronica aziendale per comunicazioni di natura sindacale

La vicenda

Nel novembre 2014 la Corte d’appello di Catania aveva confermato la sentenza di primo grado del locale Tribunale che, in sede di opposizione ai sensi dell’art. 28 Statuto dei Lavoratori aveva dichiarato l’antisindacalità della condotta tenuta dal datore di lavoro consistita nell’aver sanzionato disciplinarmente due dipendenti per aver effettuato comunicazioni di natura sindacale utilizzando l’email aziendale.

La decisione era fondata sulla previsione normativa contenuta nell’art. 26, comma 1, S.d.L “i lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all’interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale”.

Al riguardo, la corte territoriale ha chiarito che il diritto di proselitismo è espressione del più ampio diritto di manifestazione del pensiero, per cui la pretesa dell’azienda “di vietare in modo assoluto –e a prescindere dalle modalità concrete con cui avvenga la comunicazione informatica – che la posta elettronica aziendale sia utilizzata per comunicazioni di contenuto aziendale” deve ritenersi non conforme all’art. 26.

In tal senso aveva concordato con il giudice di primo grado nel ritenere, che nella specie, l’invio delle comunicazioni ai dipendenti all’indirizzo di posta elettronica aziendale non fosse idoneo a creare pregiudizio all’attività aziendale.

I giudici della Sezione Lavoro della Cassazione (sentenza n. 16746/2019) hanno confermato la decisione della corte di merito, rigettando il ricorso formulato dal datore di lavoro perché inammissibile. Ed invero, “laddove si critichi la ricostruzione della vicenda storica risultante dalla sentenza impugnata si è fuori dall’ambito di operatività dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.”.

La redazione giuridica

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