Nei giorni scorsi la FNOMCeO ha preso una posizione netta nei confronti dei medici che sconsigliano ai propri pazienti la somministrazione dei vaccini, affermando, in un documento programmatico, che tale comportamento può portare a sanzioni nei confronti dei camici bianchi che possono arrivare fino alla radiazione dall’albo.

Nelle scorse ore un interessante articolo a cura di Mauro Marin – Direttore Distretto Sanitario AAS5 Pordenone -, partendo dalla considerazione che “le evidenze scientifiche dimostrano inequivocabilmente l’efficacia e la sicurezza delle vaccinazioni obbligatorie per la tutela della salute individuale e della comunità” afferma che è “dovere deontologico di tutti i medici e dovere d’ufficio dei medici operanti come dipendenti o convenzionati nel SSN promuovere le vaccinazioni obbligatorie in conformità alle indicazioni delle autorità sanitarie ed evitare di procurare un allarme ingiustificato nella popolazione su presunti ed enfatizzati rischi delle vaccinazioni”.

Ma il Direttore sanitario si sofferma anche sull’incidenza dei modi e contenuti della comunicazione del medico agli assistiti che finiscono di fatto per condizionare e orientare il loro consenso alle cure. “Nell’alleanza terapeutica di un rapporto di fiducia medico-paziente – afferma Manin – la comunicazione efficace ed empatica del medico, convinto e motivato, deve essere percepita dai genitori nell’autentico interesse esclusivo della tutela della salute del bambino. La credibilità si fonda sulla fiducia e la fiducia si fonda sulla coerenza: un medico che ha vaccinato i propri figli e che si è vaccinato rappresenta l’esempio migliore per indurre gli assistiti a superare i loro dubbi sulle vaccinazioni”.

Richiamandosi alle linee guida prodotte dall’Ecdc, il Centro Europeo di Prevenzione e Controllo delle Malattie, Manin sottolinea la raccomandazione a dedicare tempo ai dubbi degli assistiti sulle vaccinazioni mediante un ascolto attivo, mantenendo lo sguardo ed evitando interruzioni nel colloquio informativo, riformulando le preoccupazioni soggettive dell’assistito in modo da dimostrare attenzione ed essere capaci di rassicurare esponendo evidenze scientifiche ed esempi di vita vissuta su casi di malattia in bambini o adulti non vaccinati.

Ad esempio, le richiamate linee guida consigliano di spiegare casi vissuti di complicanze del morbillo in modo da rendere più consapevole e responsabile un genitore, oppure di illustrare le complicanze di una broncopolmonite in un anziano fragile con polipatologie per rendere più sensibile un figlio riguardo alla necessità della vaccinazione per l’anziano genitore e l’anziano stesso se in grado di autodeterminarsi.

“Le strategie di counselling di promozione delle vaccinazioni risultano più efficaci – prosegue Manin – se adattate alle differenti categorie di soggetti resistenti che sono diverse per motivazioni, grado di resistenza e livello culturale”. A titolo di esempio vengono citati gli emarginati che hanno scarso accesso ai servizi per ragioni culturali o di povertà o di disagio psichico o sociale, gli scettici che mettono in discussione la reale necessità delle vaccinazioni ed enfatizzano la paura di effetti collaterali, gli indifferenti che trascurano le vaccinazioni mancando di consapevolezza sui rischi delle malattie infettive nei non vaccinati, gli ideologici antivaccinisti fortemente convinti per ragioni filosofiche o religiose o legate a disinformazione a volte sostenuta anche da sanitari senza evidenze scientifiche.

“Diffondere messaggi scientificamente non corretti e non supportati, incompleti, ambigui e contrastanti con quelli scientifici promossi dall’ente sanitario pubblico di appartenenza – spiega ancora il Direttore Sanitario – è deleterio per la popolazione e può configurare per il medico pubblico ufficiale un atto contrario ai doveri d’ufficio e al pubblico interesse”.

“La responsabilità sociale e individuale di vaccinare e far vaccinare minori, anziani e soggetti appartenenti a categorie a rischio – conclude il medico – è un’altra motivazione su cui far leva per motivare la popolazione di assistiti a concorrere alla protezione individuale e collettiva della propria comunità. In merito va ricordato il principio sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza n.4/94 : in base al quale la tutela della salute comprende il dovere del cittadino di non ledere con la propria condotta la salute altrui. Il diritto dell’individuo trova infatti un limite nel riconoscimento del coesistente diritto degli altri”.

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui