La Cassazione (sez. III Penale, sentenza 22 settembre 2015 – 20 giugno 2016, n. 25434) ha riconosciuto l’applicazione delle attenuanti generiche ad un insegnante, imputato e già condannato in primo e secondo grado di giudizio alla pena della reclusione di anni sei e mesi sei di reclusione, per i reati a lui ascritti di violenza sessuale, perpetrati nei confronti di alcune minori, sue alunne. I giudici di merito avevano già condannato l’uomo, escludendo la possibilità sia di qualificare il fatto nell’ambito della fattispecie attenuate della “minore gravità” (art. 609-bis cod. pen. ultimo comma) sia di concedere al medesimo le circostanze attenuanti generiche.

La vicenda vedeva coinvolte alcune alunne di un Istituto alberghiero lucano, quattro delle quali dell’età di 14 anni ed una di 13 anni, che lo stesso professore avrebbe, più volte reso oggetto di violenza. Questi, abusando dell’autorità connessa alla sua funzione – avrebbe nella specie, “toccato le minori sulla cosce, anche in prossimità delle parti più intime, ovvero sui glutei, proferendo al contempo frasi di apprezzamento per le loro qualità estetiche ovvero di offerta di prosecuzione della propria condotta”.

A giudizio della Suprema Corte di Cassazione, tuttavia, non vi è alcuna giustificazione che sembra poter sostenere la decisione dei giudici di merito, laddove questi ultimi nel condannare l’uomo per fatti criminosi a lui ascritti, non valutavano la possibilità di qualificarli sotto la fattispecie della “minore gravità” o comunque di concedere al medesimo le circostanze attenuanti generiche.

In verità, la Corte d’Appello adita, aveva negato la possibilità di un simile inquadramento, sulla base del dato offerto dalla reiterazione delle condotte criminose, dal contesto in cui le stesse si erano realizzate e dalla giovane età delle persone offese.

Tre parametri che tuttavia, non convincono i giudici ermellini. In più occasioni, – affermano – la stessa giurisprudenza di legittimità ha dichiarato “che il requisito della minore gravità può essere riconosciuto solo all’esito di una valutazione globale del fatto che tenga conto del grado di coartazione esercitato sulla vittima, delle sue condizioni fisiche e mentali, dell’entità della compressione della libertà sessuale e del danno arrecato, anche in termini psichici, al soggetto passivo (così, per tutte: Corte di cassazione, Sezione III penale, 25 settembre 2014, n. 39445).

Ora, sebbene l’elemento della reiterazione nel tempo delle condotte criminose sia stato giustamente considerato quale valido indice della non appartenenza della fattispecie al novero dei fatti di minore gravità (in tal senso, infatti, cfr. Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 maggio 2015, n. 21458), tale criterio non può essere validamente applicato nel caso di cui si tratta, allorché i singoli fatti sono stati compiuti nei confronti di soggetti fra loro diversi; invero, aggiunge il Collegio, il naturale aggravamento della intensità della lesione al bene protetto, che è indubbia conseguenza della reiterazione della stessa, ha una sua ragion d’essere laddove il soggetto passivo del reato sia sempre il medesimo, di tal che un fatto che in sé potrebbe anche essere considerato di modesta gravità, se replicato con insistenza nei confronti del medesimo soggetto acquista senza dubbio, per la progressività della lesione inferta, una maggiore gravità; ma nel caso in cui i soggetti passivi della condotta siano sempre fra loro diversi e ciascuno indipendente dall’altro, non vi è alcun motivo per non considerare, sotto il profilo della loro gravità, i singoli fatti in maniera atomistica, atteso che la lesività della condotta, stante la diversità dei soggetti passivi di volta in volta interessati da essa, non presenta alcun profilo di progressività”.

Ciò, in altre parole, vuol dire che la lesione provocata da una condotta violenta reiterata nei confronti della stessa persona non può essere certamente valutata alla stessa stregua di una condotta violenta seppure reiterata, ma commessa nei confronti di soggetti diversi.

“La stessa assenza di autonoma sintomaticità ai fini della individuazione o meno della ipotesi di minore gravità deve affermarsi anche con riguardo alla età della persona offesa, posto che il legislatore ha già valutato, e variamente modulato, tale specifica caratteristica della vittima del reato onde qualificare la violazione del bene libertà sessuale come aggravato o meno” (in tale senso di recente: Corte di cassazione, Sezione IV penale, 23 gennaio 2015, n. 3284).

E neppure il fatto che gli episodi di violenza si siano consumati all’interno di una istituzione scolastica ove l’imputato svolgeva le proprie funzioni di insegnante e le persone offese erano lì in quanto sue allieve, può giustificare – a parere dei giudici di legittimità – l’opportunità di negare l’attenuante della minore gravità.

È vera in astratto, la circostanza della non sussumibilità del fatto di violenza sessuale nell’ambito della ipotesi della minore gravità laddove teatro delle condotte delittuose sia stato un ambiente scolastico, “ossia in un luogo di crescita, sociale e intellettuale, cui la collettività affida il duplice compito di trasmettere conoscenze, cioè istruire, e quello di trasmettere capacità di convivenza con gli altri, cioè educare e dove ciascuno degli studenti deve sentirsi protetto, al sicuro; (Corte di cassazione, Sezione III penale, 27 luglio 2014, n. 14437), ma allo stesso tempo, è inconciliabile con la peculiarità del locus commissi dedicti, la negazione della minore gravità del fatto di violenza sessuale, come regola assoluta.

Evidenti sarebbero le incongruenze cui la indiscriminata applicazione di un simile automatismo potrebbe portare in tutte le ipotesi in cui la connessione non abbia determinato di per sé l’aggravamento di un fatto che, autonomamente considerato, appaia di non particolare offensività.

Se, dunque, la sentenza è a giudizio del Supremo Collegio giudicante fallace sotto il profilo della mancata attribuzione dell’attenuante della “minore gravità”, allo stesso tempo essa si presenta illogica, in relazione alla negata concessione delle circostanze attenuanti generiche per gli stessi fatti oggetti di imputazione.

Avv. Sabrina Caporale

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