Resi noti i risultati di una Survey somministrata da Federsanità Anci a 60 aziende sanitarie e ospedaliere sulla prevenzione delle violenze ai sanitari

Monitorare, a dieci anni dall’emanazione, l’attuazione della raccomandazione del Ministero della Salute n° 8/2007 sulla prevenzione delle violenze ai sanitari. Questo l’obiettivo di una Survey somministrata da Federsanità Anci a un gruppo rappresentativo di Aziende sanitarie e ospedaliere distribuite in maniera equilibrata sul territorio nazionale. Si tratta, nello specifico, di venticinque aziende sanitarie locali, ventiquattro ospedaliere, otto Irccs e tre strutture private accreditate. Delle 60 strutture interessate 34 sono collocate al Nord, 16 al centro e 10 al Sud e nelle Isole.

I risultati sono stati resi noti dalla Presidente di Federsanità ANCI Tiziana Frittelli e dal Presidente della Fnomceo Filippo Anelli. Nel 76,67% delle strutture è stato elaborato un programma di prevenzione specifico per le aggressioni. Il 50%, inoltre, ha avviato accordi con Forze dell’ordine pubblico o altri soggetti per identificare strategie volte a eliminare o attenuare gli episodi di violenza.

Il dato che emerge con forza è quello relativo alle strutture maggiormente interessate dalle violenze ai sanitari.

I settori più colpiti sono le aree di emergenza, i servizi psichiatrici, i Ser.T, la continuità assistenziale e i servizi di geriatria. Quanto alle figure professionali, il bersaglio preferito delle aggressioni, fisiche e verbali, sono medici, infermieri e operatori socio-sanitari.

In generale, il dato che emerge è la volontà delle Aziende di adeguare le strutture a quanto raccomandato dieci anni fa. Con l’aumento delle aggressioni ai professionisti che operano in sanità le strutture stanno cercando di porre rimedio ad una modalità di aggressione che ha varie sfaccettature nell’agire e nei motivi. Motivi che spesso hanno a che fare con il tempo e gli spazi dedicati, o non dedicati, o con le conseguenze infauste di atti sanitari.

In sintesi, si potrebbero rileggere le risposte fornite dalle Aziende come tempo e spazio più o meno adeguati alle mutate esigenze e aspettative dei cittadini. Oltre, ovviamente, ad una mutata percezione di quanti esercitano la professione sanitaria. Si è passati, infatti, da una fiducia totale nei tempi e nelle capacità del medico ad una pretesa di attenzione e di guarigione. Anche quando queste non sono né possibili né immediate.

Dai dati si evince che l’impatto con soggetti violenti in sanità è probabilmente inevitabile.

Il fatto stesso che le strutture siano aperte al pubblico non riesce ad impedire azioni di questo tipo. Quello che invece stupisce è l’incremento delle azioni violente quando queste possono rallentare il processo di cura per cui è stato richiesto l’intervento dei sanitari.

Le risposte fornite dalle sessanta aziende sanitarie – si legge in una nota della FNOMCeO – possono essere una buona base per riflettere su cosa è stato fatto e, soprattutto, su cosa si può fare ancora per limitare questa deriva violenta.

 

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