Secondo un’indagine di Cittadinanzattiva le visite a cronometro, dichiarate illegittime dal TAR del Lazio, sono presenti in quattro regioni italiane

“Ribadiamo con fermezza il nostro no a ogni forma di tempario o minutaggio per le visite mediche ambulatoriali”. Così il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, in merito a una ricerca condotta da Cittadinanzattiva sulle visite a cronometro.

Lo studio evidenzia come questi provvedimenti, bocciati dal  Tar del Lazio con la sentenza n. 06013/2018, siano presenti in almeno quattro Regioni. Si tratta, nello specifico, di Liguria, Marche e Molise, oltre che dello stesso Lazio. In altre regioni, fra cui Toscana e Sardegna, i tempari sarebbero invece bloccati dalla decisione del TAR.

Anelli, richiamando la pronuncia del Tribunale Amministrativo, ricorda che la diagnosi, la prescrizione e la terapia “sono atti medici che hanno le loro basi nell’autodeterminazione del professionista”. E’ quanto prevede il Codice deontologico della categoria.

“Il nostro Codice – evidenzia il presidente FNOMCeO – afferma anche un altro concetto, che ora, dopo la promulgazione della Legge219 del 2107 sul consenso informato e le dichiarazioni anticipate di trattamento, che lo ha ripreso e fatto suo, è obbligo di legge: quello secondo il quale il tempo dedicato alla comunicazione è parte integrante e irrinunciabile del tempo di cura”:

Per Anelli, la relazione di cura non può andare ‘a ore’.

La medicina non può essere una catena di montaggio, dove il medico è un mero esecutore, legato a obiettivi di produzione. Come sancito dal Giudice amministrativo, il camice bianco deve poter avere un tempo minimo per svolgere le proprie funzioni in modo autonomo e responsabile. La durata di tali prestazioni non può che essere rimessa alla sua unica valutazione discrezionale escludendo indicazioni rigidamente e astrattamente predeterminate da fonti esterne.

La FNOMCeO, quindi, dichiara il proprio sostegno al segretario generale del Sumai, Antonio Magi, nel chiedere l’istituzione di un’anagrafe nazionale. L’obiettivo è quello di monitorare un fenomeno che, oltretutto, “sembrerebbe essere ulteriore fonte di disuguaglianza tra Regione e Regione, tra Asl e Asl”.

 

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