Secondo i dati riferiti dall’Istat sono invece due milioni gli italiani che non effettuano visite o accertamenti per problemi di liste di attesa

La rinuncia a visite e accertamenti specialistici per problemi di liste di attesa complessivamente riguarda circa 2 milioni di persone (3,3% dell’intera popolazione). Sarebbero invece oltre 4 milioni le persone che vi rinunciano per motivi economici (6,8%). Sono i dati riferiti dal presidente facente funzioni dell’Istat, Maurizio Franzini, in occasione dell’audizione sulla manovra di fronte alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.

Il disegno di legge di bilancio dispone per il triennio 2019-2021 un’autorizzazione di spesa in conto capitale per favorire l’accesso al servizio sanitario regionale. Le statistiche diffuse dall’Istat sull’accesso ai servizi sanitari, rilevando il ritardo nella fruizione di prestazioni sanitarie o la rinuncia ad effettuarle, sono utili per individuare le conseguenze del protrarsi dei tempi di attesa. Le stime più aggiornate sono riferite al 2017.

Le liste di attesa inducono a rinunciare alle citate prestazioni quasi il 5% di coloro che hanno un’età compresa tra i 45 e i 64 anni e il 4,4% degli ultrasessantacinquenni. Inoltre, tra quanti dichiarano che le risorse economiche della famiglia sono scarse o insufficienti, l’incidenza della rinuncia alle prestazioni specialistiche è complessivamente pari al 5,2%. Nel caso delle famiglie che dichiarano di avere risorse ottime o adeguate la percentuale è invece pari all’1,9%.

Franzini ha rimarcato poi le differenze territoriali tra Nord e Centro-Sud. La percentuale più bassa si rileva infatti nel Nord-est (2,2%) e la più elevata nelle Isole (4,3%). Infine, distinguendo le prestazioni sanitarie, la rinuncia per liste di attesa è più frequente per le visite specialistiche (2,7%) rispetto agli accertamenti specialistici (1,6%). “Queste situazioni – ha sottolineato – rappresentano un segnale di vulnerabilità nell’accesso alle cure che riguarda in particolare i meno abbienti”.

 

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