Secondo una raccolta dati Simeu, negli ospedali pubblici si effettuano ogni anno 4,5 milioni di visite mediche di pronto soccorso in più rispetto agli standard

Ogni anno i medici di pronto soccorso degli ospedali pubblici effettuano 4,5 milioni di visite in più rispetto agli standard definiti dalle società scientifiche. Il 22% del totale delle visite mediche di pronto soccorso supera quindi il normale carico di lavoro dei professionisti dell’emergenza. Ogni medico dovrebbe eseguire ogni anno al massimo 3.000 visite. Il numero effettivo per ciascun professionista sfiora invece quota 4.000.

Le cifre emergono da una raccolta dati promossa da Simeu, Società italiana della Medicina di emergenza-urgenza, su un campione di circa 110 strutture di emergenza che rappresentano 6 milioni di accessi, circa un terzo del totale nazionale.

Il fenomeno, che rappresenta la prima conseguenza della carenza di personale, desta preoccupazione. I medici a tempo indeterminato nei pronto soccorso italiani sono 5.800 mentre, in base alle piante organiche delle aziende sanitarie, ne servirebbero oltre 8.300. I precari sono circa 1.500.

Tirando le somme mancano del tutto all’appello più di mille medici di pronto soccorso.

“Si tratta di una situazione di grave sofferenza del servizio pubblico che mette in serio pericolo la qualità delle cure ai cittadini e a cui è necessario trovare rapidamente una soluzione”. Lo spiega Francesco Rocco Pugliese, presidente nazionale Simeu. “Quest’anno – prosegue – le borse di specializzazione a disposizione per la medicina di emergenza-urgenza sono aumentate di circa il 40% rispetto lo scorso anno”.

Parallelamente, è aumentato anche il fabbisogno di medici indicato dalla Conferenza Stato Regioni, passato da circa 300 a 400 medici su tutto il territorio nazionale. L’aumento dei posti in specialità quindi, non sarebbe ancora una risposta sufficiente al bisogno di salute dei cittadini.

“La grave carenza dei medici nei pronto soccorso italiani è un’emergenza già oggi, mentre i nuovi posti in specialità offerti ora ricadranno sull’attività degli ospedali soltanto fra cinque anni. Sono necessari invece – conclude Pugliese – interventi rapidi per salvare l’emergenza del servizio sanitario nazionale.”

 

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