Il Giudice ha riconosciuto alla donna un danno biologico del 27 per cento. L’Azienda ospedaliera ha deciso di rivalersi su chirurgo e responsabile dell’unità operativa

Il Tribunale civile di Napoli ha riconosciuto a una 62enne campana un risarcimento pari a 109 mila euro a causa di un errore commesso da un chirurgo in servizio presso l’Ospedale Cardarelli di Napoli. La signora, nel maggio del 2012, cade riportando una frattura della vertebra lombare L2. I medici dell’Ospedale Rizzoli di Ischia, dove viene inizialmente ricoverata, ritengono necessario ricorrere alla chirurgia e pertanto, secondo la ricostruzione riportata dal quotidiano Il Mattino, dispongono il trasferimento della paziente in eliambulanza al Cardarelli, presso l’unità operativa complessa di neurochirurgia d’urgenza.
I primi accertamenti effettuati presso il nosocomio partenopeo danno un esito diverso da quelli svolti presso la struttura ischitana. Il referto della tac del rachide lombo-sacrale parla, infatti, di frattura sì, ma della vertebra L1. Si decide quindi di replicare l’esame diagnostico che evidenzia come i sanitari che hanno letto la prima tac fossero stati tratti in errore da una malformazione congenita della colonna vertebrale della signora, chiarendo, invece, che la vertebra interessata è proprio la L2.
Si decide quindi di portare la paziente in sala operatoria per un intervento finalizzato a stabilizzare la colonna vertebrale con barre laterali sostenute da 4 viti, da applicare nelle due vertebre soprastanti e sottostanti quella danneggiata. Ma dopo l’operazione la donna continua ad avvertire forti dolori. Una tac di controllo effettuata dopo pochi giorni ne avrebbe evidenziato il motivo: le erano state infisse due viti nella vertebra sbagliata, ovvero in quella fratturata anziché in quella sana.
La signora, tuttavia, non viene informata e solo una volta dimessa, al perdurare del suo malessere, si reca presso lo studio di uno specialista a Perugia dove viene a conoscenza dell’errore. La paziente si rivolge quindi al chirurgo da cui è stata operata, il quale le propone un trattamento conservativo o, in alternativa, un nuovo intervento. La donna decidere quindi di chiedere i danni e, in seguito a un tentativo di accordo sfumato con l’assicurazione dell’Azienda ospedaliera, la vicenda approda in Tribunale.
Il CTU incaricato dal Giudice, dopo aver esaminato referti, cartella clinica e paziente conclude che l’errore chirurgico nell’individuazione delle vertebre, e quindi nell’esecuzione dell’intervento, è evidente. Per il perito l’operato del chirurgo è caratterizzato da negligenza, imprudenza e imperizia. Il medico all’epoca dei fatti responsabile dell’unità operativa, invece, avrebbe adottato una condotta di omessa vigilanza, non avendo adottato alcun accorgimento prima di dimettere la donna, nonostante la tac di controllo avesse evidenziato lo sbaglio commesso in sala operatoria.
Alla paziente, che lamenta continui dolori alla schiena e problemi di deambulazione, il Giudice ha riconosciuto un danno biologico del 27%. Per quanto riguarda il risarcimento, l’Azienda sanitaria ha firmato la delibera per la liquidazione della somma stabilita dal Tribunale, decidendo di rivalersi sul chirurgo e sul responsabile dell’unità di neurochirurgia complessa, chiedendo a ciascuno dei due operatori sanitari, una somma di 44mila euro.

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