Per la Cassazione, in caso di vizio di mente, non bisogna confondere i profili della “imputabilità” e della “colpevolezza”

Il ‘dolo generico’, elemento necessario ai fini della punibilità di un imputato, è pienamente compatibile con il vizio di mente, anche solo parziale. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8633/2018.

Gli Ermellini si sono pronunciati, nello specifico, sul ricorso presentato da un soggetto condannato, in primo grado e in appello, per i seguenti reati:  “danneggiamento aggravato”, “detenzione e porto illegali di arma comune da sparo clandestina” “porto ingiustificato di più coltelli” e “detenzione abusiva di munizioni”.

L’imputato, secondo quanto appurato dai giudici del merito,  aveva esploso “numerosi colpi di arma da fuoco” all’interno di due esercizi commerciali, danneggiando numerose slot-machines ivi collocate.

L’uomo si sarebbe poi dato alla fuga in automobile. Bloccato dai Carabinieri, sarebbe stato trovato in possesso di una pistola con matricola abrasa, di numerose munizioni e di due coltelli.

Tali condotte erano state confermate dallo stesso imputato nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto. In tale sede, tuttavia, egli affermava di non aver avuto intenzione di far male a nessuno. Il suo comportamento sarebbe stato determinato dal fatto che “aveva perso al gioco tutti i suoi guadagni”.

Sottoposto a perizia psichiatrica, l’uomo era stato riconosciuto “seminfermo di mente”, in quanto affetto da “disturbo dell’adattamento con umore depresso e ansia misti” e “ludopatia”.

Di qui il ricorso alla Suprema Corte per ottenere la cassazione della sentenza impugnata. Secondo il condannato, in particolare, la Corte territoriale non aveva tenuto adeguatamente in considerazione gli esiti della perizia psichiatrica. Dall’esame, infatti, si sarebbe dovuto escludere che l’uomo fosse in grado di avere contezza delle proprie azioni e della propria antisocialità.

I Giudici del Palazzaccio, tuttavia, non hanno ritenuto fondate tali argomentazioni, rigettando il ricorso proposto. Essi hanno infatti evidenziato come l’imputato avesse confuso i profili della “imputabilità”, intesa come “capacità di intendere e di volere”, e della “colpevolezza”, quale “coscienza e volontà del fatto illecito”.

La Cassazione ha quindi sottolineato che il “dolo generico”, ovvero la consapevolezza e volontarietà delle proprie azioni, “è pienamente compatibile con il vizio solo parziale di mente”.

Nel caso esaminato, la Corte d’appello, in considerazione delle risultanze della perizia psichiatrica, era giunta del tutto “logicamente e coerentemente” alla decisione di  condannare l’imputato.
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