La denuncia di una giornalista che ha cercato di chiamare un’ambulanza per il padre morente senza esito: a rispondere solo una voce registrata al 118

Ha provato a lungo a chiamare un’ambulanza per il padre che si era sentito male, ma a risponderle è stata per quasi mezz’ora solo una voce registrata al 118.
È un racconto agghiacciante quello che la giornalista Valentina Ruggiu fa dalle pagine de “La Repubblica”, spiegando come, mentre una voce registrata al 118 le chiedeva di rimanere in attesa”, fosse impossibile parlare con qualcuno affinché mandasse una ambulanza per il padre.
L’uomo – che si trovava ad Albano Laziale, in provincia di Roma, con la famiglia – si era sentito male in piena notte, come riportato dalla giornalista, e sia lei che la madre si erano subito allertate per chiamare i soccorsi. Ma è stato tutto inutile. Impossibile parlare con un operatore del 118, nonostante le numerosissime chiamate.
“Sono passati più di due minuti ed è la seconda chiamata al 118. – racconta la giornalista – Attacco e riprovo a chiamare: ‘Rimanga in attesa’. La terza chiamata la faccio dal mio cellulare e parte alle 3:19. Nel frattempo arrivano mio fratello e la compagna”.
Dopo diverse e inutili telefonate, il fratello della donna va a cercare al pronto soccorso di Albano Laziale un’ambulanza. La beffa, come riportato dalla Ruggiu “è che da casa mia si può quasi vedere nelle camere per la degenza perché abitiamo nella via proprio sotto l’entrata principale della struttura. In totale ci separano 300 metri, praticamente un minuto di macchina. Mio fratello però torna a mani vuote, dal pronto soccorso dicono che ‘non hanno ambulanze a disposizione al momento’.”
Questo per la famiglia significa altri lunghi minuti di attesa, mentre le condizioni del padre peggiorano rapidamente. La voce registrata al 118, intanto, continua a scandire imperterrita il solito “Rimanga in attesa”. Vengono allertati anche i vicini di casa, che contemporaneamente cercano di mettersi in contatto con il centralino del 118 per chiamare i soccorsi.
“Poi, d’improvviso la vocina dal mio smartphone si interrompe, mi rispondono. All’operatore dico dove abito, gli spiego del rumore tremendo che mi ha svegliata e di come ho trovato mio padre. Gli dico che è ancora vivo, ma che sta per morire. Gliel’ho visto in faccia. Serve un’ambulanza urgentemente. Mi dice ‘Ok, trasferisco la chiamata alla centralina del 118 più vicina a lei’. E anche qui la beffa, uno dei punti da cui partono è a pochi minuti da casa”.
A quel punto la donna viene nuovamente messa in attesa, mentre la chiamata viene passata a un altro operatore al quale, in poco tempo, spiega di nuovo tutto. A quel punto, rimessa nuovamente in attesa, la donna scende in strada chiamando aiuto, lasciando la chiamata aperta alla vicina (la quale peraltro non riceverà mai più risposta).
“Corro in mezzo alla strada e comincio a urlare aiuto. Anche la vicina urla, vede un uomo uscire dalla casa di fronte. Lo raggiungo gli dico di entrare in casa mia, che deve correre perché papà sta morendo e il 118 non risponde e devo portarlo al pronto soccorso”.
Poi, il prevedibile epilogo.
“L’attesa è finita, ma in tutti i sensi: papà è morto. Alle 3:34 e alle 3:36 mi chiama un numero privato: ‘Signora se la vuole ancora, le mando un’ambulanza’. Ho dovuto caricare mio padre in macchina. Mio fratello ha dovuto guidare con le gambe tremolanti. Alle 3:34 o alle 3:36, quell’ambulanza a noi non serviva più. Eravamo già al pronto soccorso, qualche minuto più tardi ci hanno ufficializzato la morte”.
E la giornalista, nel suo racconto, prosegue: “L’autopsia forse dirà che si è trattato di un ictus o di un’ischemia, in ogni caso darà una spiegazione a quel tonfo che ho sentito. Forse però non saprò mai perché ho atteso così tanto una risposta dal centralino unico del 112, perché abbiamo dovuto chiamare in tre, perché mi hanno rimesso altri minuti in attesa dopo aver parlato con l’operatore.”
E conclude: “Questo racconto è perché nessun altro padre, marito o figlio, nessun altro amico o cugino, possa morire con una voce che ti dica “Rimanga in attesa’”.
 
 
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