Presupposti tecnici interpretativi medico legali. Art. 138 e 139 legge 124/17 … Se la montagna non va da Maometto…

1 – Il danno biologico, espresso in percentuale di invalidità permanente biologica in tutti i Barèmes medico legali (Nazionali ed Internazionali), valuta esclusivamente il grado di disfunzionalità menomativa psichica o fisica conseguente a lesione dell’integrità della persona rispetto al teorico grado di totale “normalità funzionale” (100% di funzionalità biologica).

2 – Il parametro della disfunzionalità (IT o IP) ha una ricaduta esclusiva sul “non fare” del danneggiato nei comuni atti della vita quotidiana (con le sole variabili relative all’età ed al sesso del leso) trattandosi, quindi, di danno “esistenziale” conseguente a lesione dell’integrità psicofisica del soggetto. Analogamente ha una ricaduta sul “non fare dinamico relazionale del danneggiato”, ma non ha alcun valore di riferimento probatorio sulle conseguenze di danno al “sentire” del danneggiato, in relazione al vissuto di una determinata lesione ed alla convivenza, nella quotidianità, con un “accertato” e “quali – quantitativamente determinato” stato menomativo.

3 – I parametri tecnici (IT ed IP) non contengono quindi – in sé – alcun riferimento oggettivo probatorio tale da consentire di calcolare, in via proporzionale alla disfunzionalità accertata, alcuna correlabile automatica componente risarcitoria sulla condizione di “sofferenza intrinseca ”, quale di per sé riconducibile a qualsiasi individuo che ha vissuto quella accertata lesione e che è costretto a convivere con quella determinata menomazione, indipendentemente da altre componenti di sofferenza individuale, riconducibili a condizioni esistenziali e/o dinamico relazionali peculiari del danneggiato ovvero a  fattispecie  di danno non patrimoniale, “non biologiche” (in linea con altre ipotesi di lesione di beni costituzionalmente tutelati, differenti dal bene della salute).

La personalizzazione del danno

Quindi il concetto di “personalizzazione” – andrebbe indirizzato esclusivamente nei confronti dei cosiddetti “peculiari aspetti dinamico relazionali – lesione o menomazione correlati”: poste di “ danno non patrimoniale” aggiuntive , rispetto alla componente biologica “base” del “danno non patrimoniale”, ove l’intervento del tecnico non può che essere espressa con parere di “compatibilità” – o meno – tra  la  condizione lesiva/menomativa accertata e  la specifica allegazione del danneggiato.

4 – Sulla base di quanto riportato al punto 3, i recenti indirizzi della medicina legale Nazionale ,ai fini di consentire una oggettiva determinazione di entrambi i parametri necessari ad una definizione della componente unitaria base del danno non patrimoniale biologico, più aderente possibile alla “ realtà del danno”, hanno portato alla elaborazione e progressiva condivisione di differenti parametri valutativi di ordine “qualitativo” delle accertate IT e IP ,  necessari a definire entrambi le componenti base del  danno alla persona . Parametri che – secondo la Position Statement SIMLA del maggio 2018 – potrebbero trovare, peraltro, autonomo riferimento giuridico – medicalmente accertabile – nel contesto dell’art. 2 della Costituzione.

In sostanza al medico legale spetterebbe la verifica dei seguenti presupposti tecnici.

  1. la disfunzionalità (IT e IP)  (secondo Barémes)
  2. la sofferenza lesione /menomazione correlata secondo parametri qualitativi che allo stato, come emerge negli Atti di studio del citato documento della   SIMLA , sarebbero stati identificati nei seguenti termini di valutazione complessiva:
  3. per la fase di lesione – malattia: dolore fisico, aggressione terapeutica, allontanamento dai comuni piaceri della vita quotidiana. 
  4. per la fase di menomazione: dolore fisico cronico, le interferenze qualitative sulle comuni e quotidiane  attivita’ esistenziali del “menomato”  ( compresi gli  aspetti relazionali ) , percezione del mutamento peggiorativo  della propria integrità

5 – La sintesi di quanto fin qui esposto ha condizionato da anni un nuovo approccio valutativo dello specialista medico legale che ha trovato larga condivisione sia in fase stragiudiziale, sia in fase Giudiziaria (posto che il quesito è stato ed è tuttora molto spesso richiesto nel Quesito Istruttorio in molte Sedi Giudiziarie Nazionali).

 Sulla base di questa esperienza valutativa è stato possibile raccogliere un’ampia casistica applicativa (allegato 1) che ha chiaramente dimostrato quanto indicato al punto 2 della presente relazione circa la totale incongruità liquidativa dell’automatismo applicato dalle tabelle di Milano, peraltro fondata su analoga criticità applicativa dello stesso comma e) paragrafo 2 dell’art. 138 (sempre che non si debba interpretare differentemente – come di seguito discusso –  il testo dell’articolo).

Le tabelle di Milano, peraltro, presenterebbero una incomprensibile anomalia nella  progressione dell’incremento del danno con il crescere della IP e porrebbero qualche perplessità anche sulle “percentuali”  massime di incremento risarcitorio per il danno morale: ricordo – ad esempio- che  le normative in tema di vittime del dovere (art. 6 legge 206/2004 e art 1 DPR 181/2009) propongono  aumenti del danno morale fino al 67% del danno biologico, mentre le tabelle di Milano si limitano ad incrementi massimi di detta componente fino al 50% della IP.

Ipotesi applicativa “parametri tecnici” all’ art 138

Qualora si debba proporre  una interpretazione applicativa dell’art 138 idonea a definire, in maniera esaustiva ed effettivamente “ proporzionale” , tutti gli aspetti  del danno biologico accertabili in concreto  dal medico legale, così da soddisfare le indicazioni di legge ed essere contestualmente    più aderente ad un criterio di “ equità” risarcitoria della componente “ base del danno non patrimoniale, sarebbe utile iniziare a pensare di trasferire il principio normativo  di  “incremento liquidativo  piu’ che proporzionale  dal parametro quantitativo (  IP)  al parametro “qualitativo”  (cioè la sofferenza intrinseca IT e IP correlata).

Condizione che garantirebbe liquidazioni “base” maggiormente aderenti alla realtà del danno alla persona  e quindi  presuntivamente meno sperequative

Questo, peraltro, nel rispetto del contraddittorio tecnico tra le Parti, quale generalmente si verifica nel corso di CTU  in occasione di  valutazioni tecniche  della Inabilita’ Temporanea biologica e della Invalidita’ Permanente biologica.

Basti pensare che un soggetto splenectomizzato  può essere valutato con una IP biologica del 10% ( senza alcuna significativa ricaduta esistenziale e quindi senza  significativa  sofferenza menomazione correlata ), analogamente – ad esempio –   agli esiti  di un apprezzabile disestetismo cicatriziale al volto  in  una donna adolescente (di evidente grave disagio “presuntivamente” ammissibile per qualsiasi  danneggiata di analoga età, indipendentemente da qualsiasi ipotesi di ricaduta di danno  “ personale”   eventualmente allegata in relazione alla stessa menomazione   )

In sostanza nel primo caso una “sofferenza IP correlata” di grado anche meno dilieve” e nel secondo caso una “sofferenza IP correlata” di grado quantomeno “medio-elevato”, in rapporto alla presuntiva ammissibilità – in relazione all’entità del disestetismo ed in rapporto all’età e sesso della danneggiata – di percezione di un significativo mutamento peggiorativo della propria efficienza estetica con riflessi negativi sulla quotidiana vita di relazione.

In sintesi, dunque, solo “poste risarcitorie crescenti”, definite preliminarmente e modulate a seconda del grado di “sofferenza – postumo  correlata” accertato in sede medico legale  (e non in via automatica rispetto alla sola , asettica, percentuale di  disfunzionalita biologica) , potrebbero soddisfare il presupposto normativo  relativo al criterio risarcitorio “ incrementativo “ previsto dall art.138, mantenendo contestualmente  una accettabile “equità” liquidativa dei “parametri  ” afferenti alla componente “biologica”  base del danno non patrimoniale.

D’altra parte l’attuale scelta di percentuali di incremento “medio” correlati al crescere della sola “disfunzionalità accertata dal medico legale (IP), cozzerebbe con gli stessi “principi di statistica” che prevedono   necessariamente – per tali applicazioni –  la presenza di parametri non solo al di sopra della media, ma anche al di sotto della “media” ponderata, a parità di IP accertata (come dimostrato nella nota statistica della  Societa’ Medico Legale Triveneta).  

Il problema di maggior criticità ai fini “liquidativi” concerne l’interpretazione tecnica dei parametri medico legali del danno biologico in due specifiche fattispecie.

I criteri risarcitori del danno non patrimoniale di lieve entità (art 139)

L’art 139 della legge 124/2017 prevede quanto segue:

“… Per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato…

 Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati ovvero causi o abbia causato una sofferenza psico-fisica di particolare intensità, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella di cui al comma 4, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 20 indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito

…Si provvede alla predisposizione di una specifica tabella delle menomazioni dell’integrità psico-fisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità.

Va subito evidenziato che. pur a fronte di una definizione medico legale di “danno biologico” analoga a quella indicata per l’art 138 ,  nell’art 139 della stessa Normativa  non viene  previsto – attualmente – alcun “ incremento liquidativo più che proporzionale”  risarcitorio dei postumi : ciò presupponendo che il limite di disfunzionalità (IP) del 9% (limite di individuazione di lesione di lieve entità) preveda  – secondo l’interpretazione dei  Barèmes di Legge –  riferimenti valutativi onnicomprensivi della componente “qualitativa” del danno biologico cioè della   “sofferenza” intrinsecamente  correlabile  alla menomazione accertata dal medico legale.

Un presupposto normativo … erroneo

Il presupposto Normativo è chiaramente “erroneo” in quanto qualsiasi “Barème” medicolegale esprime solo percentuali presuntive di “disfunzionalità” psicofisica, ma non integra, ne’ distingue il grado di “sofferenza” ad esse correlata, risultando peraltro difficilmente collocabile , scientificamente, il limite tecnico del 9% quale “confine” probatorio  idoneo a definire la componente biologica di un danno  non patrimoniale di “  lieve  o di  non lieve entita’”, in mancanza di riferimenti accertativi di ordine “qualitativo “ ( basti considerare che , ad esempio, una IP del 6% valuta analogamente sia  un danno da menomazione  della capacita’ olfattiva , sia gli esiti coesistenti di un colpo di frusta , di una frattura costale e di una distorsione semplice di caviglia , pur a fronte di ben differenti ricadute negative dei postumi sulla quotidianita’ e sui comuni “aspetti relazionali “  dei distinti menomati  

Peraltro l’attuale Barème di Legge utilizzato per la valutazione dei postumi di “lesioni di lieve entità” risale al DM del 2003, allorché non esisteva ancora il presupposto liquidativo del “danno non patrimoniale” e ad ogni IP seguiva la distinta posta di danno “morale” e – ove allagata la componente di “personalizzazione”, con ulteriore incremento liquidativo del 20%.

Se da un lato tale anomalia avrebbe trovato- secondo qualche Giurista – una qualche giustificazione – decisamente “ atecnica”  e priva di fondamento giuridico (nds)  – per uno specifico contesto politico  “socio economico” ( ambito RC auto ), sussistono molti dubbi e sostanziali incongruità applicative medico legali, sul fatto che  –allo stato – il barème di legge  per IP fino al 9%, possa essere utilizzato, nel suo contenuto, per altre fattispecie di danno : soprattutto in ambito di risarcimento per Responsabilità Sanitaria

La soluzione tecnica , dunque, non puo’ che trovare spazio “ in una rielaborazione “parametrale”  medico legale dello stesso Barème di Legge  che consenta di definire e assestare le voci di danno in relazione agli “aspetti qualitativi” della “sofferenza menomazione correlata”, in analogia agli stessi criteri incrementativi (di per sé, come già discusso, modificabili) previsti dall’art 138

Si deve peraltro ricordare che il Barème di legge del 2003 – come indicato nello stesso Decreto Ministeriale – è soggetto a modifiche in relazione all’evoluzione scientifica e giurisprudenziale sul danno alla Persona.

A corollario di quanto discusso è bene infine ricordare che  il presupposto liquidativo afferente al concetto di  lesioni di “particolare intensità” rientra autonomamente nell’ambito della personalizzazione del danno, non  rappresentando, in sé, un  valore massimo di sofferenza connesso ad un determinata condizione menomativa, ma la  manifestazione di “sofferenza” (intensità della sofferenza) conseguente a  particolari caratteristiche del singolo individuo * e non di “sofferenza” connessa alle autonome  caratteristiche della  “disfunzionalità”  di una determinata lesione e di una determinata  menomazione, per qualsiasi danneggiato, accertate (cioè provate)  in sede medico legale : quindi si tratta di “personalizzazione di danno non patrimoniale” (da allegare)  e non di “sofferenza lesione / menomazione correlata”, presuntivamente definibile in sede medico legale e sempre presente.

Definizione del termine “particolare” (Treccani): “:Che è proprio di un singolo individuo, di una singola cosa, o di una determinata categoria di individui,

L’anomalia liquidativa della Inabilità temporanea

L’equivoco nasce dalla scarsa “acquisizione” ed “interpretazione” da parte del Giurista dei termini tecnici di “lesione/malattia” e “menomazione”, non sussistendo tecnicamente alcun rapporto prestabilito’ tra “entità, decorso e gravità di una lesione” rispetto alla successiva entità e qualità della conseguente “menomazione”.

Il problema non è solo “teorico” ma presenta una evidente “criticità” liquidativa (in senso sperequativo) allorché si considerino i differenti parametri risarcitori previsti in caso di “lesioni di lieve entità” rispetto ai parametri previsti per “lesioni di non lieve entità”, atecnicamente ancorati ad un incongruo limite normativo: la “entità di disfunzionalità” permanente (IP) superiore o inferiore al 9%.

Basti pensare, ad esempio, a due soggetti, coetanei, che abbiano subito  una analoga  lesione fratturativa di un arto (ad esempio la frattura scomposta biossea di gamba), per la quale entrambi sono stati ricoverati per parecchi giorni in Ospedale, hanno subito entrambi un primo trattamento chirurgico, e successivamente, a seguito di ritardo di consolidamento con evoluzione pseudo artrosica della frattura, un ulteriore prolungato intervento di stabilizzazione chirurgica (della durata  di alcuni mesi), seguito da un altrettanto prolungato  periodo di riabilitazione fisioterapica (della durata ulteriore di  alcuni mesi).

Il primo soggetto, più fortunato (o sfortunato, a seconda dei punti di vista), è stato in grado di recuperare discretamente la funzionalità dell’arto inferiore ed in corso di accertamento medico legale dei postumi presenta una IP dell’8%.

Il secondo soggetto (inversamente sfortunato o fortunato a seconda dei punti di vista) è guarito un po’peggio ed in corso di visita medicolegale viene riconosciuta una IP del 10% postumi.

A prescindere da ogni considerazione – nel caso in esame – sull’effettiva  distinzione “scientifica”  tra menomazione di lieve e non lieve entità, di certo non si comprende il motivo per il quale i danneggiati  debbano avere due differenti poste  risarcitorie per la Inabilità temporanea (il primo ancorato al parametro monetario di circa 40 Euro /die per la totale, non incrementabile) ed il secondo ancorato al parametro monetario di 98 Euro /die per la totale, peraltro incrementabile del 50%), pur  a fronte di lesioni analoghe, che hanno avuto un analogo decorso clinico con analogo, significativo , grado di  “sofferenza lesione correlata”.

Sarebbe dunque necessario – stante l’attuale Normativa – un adeguato ed equo riassetto liquidativo della IT , essendo concesso al Giudice l’applicazione dei “parametri”, non in rapporto all’entità dei postumi, bensì in rapporto alla effettiva entità della “sofferenza” correlata  alla lesione ed al suo  decorso , quale  accertabile e definibile in sede medico legale: a maggior ragione in ambito di Risarcimento conseguente a  Responsabilità Sanitaria, ove spesso le “complicanze” iatrogene assumono particolare ricaduta proprio in relazione alla “sofferenza” connessa alla manifestazione sintomatologica (psichica e fisica)  dell’evento avverso,  al  prolungamento della malattia e all’ulteriore aggressione terapeutica, rispetto a possibili  residue   minime  conseguenze invalidanti  permanenti, afferenti ,quantitativamente,  alla fascia delle “lesioni di  lieve entità”.

 Dr. Enrico Pedoja   

Specialista medico legale

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