Condannato alla pena dell’ammenda di 3 mila euro un imprenditore italiano per aver violato le norme sugli obblighi di informazione ad un proprio dipendente

Al riguardo la Cassazione (sentenza n. 26271/2019) ha chiarito che “L’obbligo di formazione non è limitato solo al momento dell’assunzione ma perdura nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro”

La vicenda

Il 7 giugno 2018 il Tribunale di Torino ha condannato un imprenditore per violazione degli obblighi informativi sula tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro di cui all’art. 36 del d.lgs. n. 81/2008

La norma citata dispone infatti, che: “1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale; b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro; c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 45 e 46; d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione, e del medico competente”.

2.” Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; b) sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate”.

Il ricorso per Cassazione

Contro la predetta sentenza l’imputato ha fatto ricorso ai giudici della Cassazione sostenendo che il reato di omessa informazione era prescritto poiché il lavoratore infortunato al quale dovevano essere impartite le istruzioni per la sicurezza sul lavoro non aveva mai ripreso il servizio dopo l’infortunio, con cessazione dell’attività al 10 aprile 2015.

Invero, dopo l’infortunio, l’imputato aveva provveduto immediatamente ad ottemperare alle prescrizioni di legge, predisponendo il piano organizzativo di sicurezza mancante fino ad allora e sostituendo l’utilizzo della scala con un idoneo ponteggio, con la cessazione della permanenza dei reati; mentre, per la formazione del lavoratore, nulla era stato effettuato. E pertanto, la cessazione della permanenza del reato contestato era avvenuta solo alla data del marzo 2015, con la cessazione della attività.

I giudici della Terza Sezione Penale della Cassazione hanno pertanto confermato la sentenza impugnata, ricordando che il reato in questione deve ritenersi permanente, in quanto gli obblighi inerenti l’informazione e la formazione del lavoratore sono da ritenersi di durata poiché il pericolo per l’incolumità del lavoratore permane nel tempo, e continua in capo al datore di lavoro l’obbligo all’informazione alla corretta formazione.

L’obbligo di formazione del reto non è limitato solo al momento dell’assunzione ma perdura nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro; la cessazione della permanenza conseguentemente si verifica o alla concreta formazione o all’interruzione del rapporto di lavoro, con l’eliminazione concreta del rischio.

Il reato dunque, non risultava prescritto al momento della sentenza.

La redazione giuridica

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