La Corte d’appello di Genova aveva dichiarato lo stato di adottabilità di un minore, confermando la sentenza di primo grado

Ad impugnare il provvedimento del Tribunale per i minorenni erano stati proprio i genitori del piccolo, contestando il presunto stato di isolamento (piscologico) in cui quest’ultimo era costretto a vivere. Ed infatti, i giudici di merito avevano rilevato che la procedura di adottabilità era stata aperta a seguito delle segnalazioni dell’ospedale ove il bimbo era stato partorito, in ordine alle serie difficoltà dei genitori e alla totale assenza di supporto di questi ultimi nei confronti del figlio, nonché di quello della nonna materna.
Era stato tentato più volte l’inserimento della madre in una comunità, ma la donna aveva sempre rifiutato tale opportunità ritenendola limitativa della sua propria personale.
La “genitorialità” degli appellanti – a detta della corte territoriale – risultava gravemente compromessa sia sul piano dell’accudimento, sia su quello relazionale (comportamento ritenuto inaffettivo); tale inadeguatezza dei genitori aveva causato negli ultimi incontri protetti con il minore gravi conseguenze fisiche e psichiche tanto da indurre i servizi sociali a chiederne la sospensione, rilevando un “profondo disagio emotivo” con importanti ricadute sul comportamento del minore.
Pertanto, la Corte di merito, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 8 della I. n. 184/83, rilevato che neppure la nonna paterna era risultata idonea a sostituire i genitori in ragione dell’età avanzata, aveva escluso che i ricorrenti avrebbero potuto recuperare la propria capacità genitoriale in tempi brevi e compatibili con le necessità del minore e perciò consentirgli di vivere in un contesto familiare stabile.

La conferma dello stato di adottabilità

Sul caso si sono pronunciati anche i giudici della Cassazione, i quali hanno tuttavia, rilevato che il ricorso dei due genitori era inammissibile.
Quest’ultimi hanno ricordato che la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa.
Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti (Cass., n. 25332/14).
Nel caso in esame, i ricorrenti avevano denunziato l’omesso accurato accertamento delle loro capacità genitoriali, senza però contestare le varie specifiche argomentazioni poste a sostegno della sentenza d’appello, la quale con argomentazione esauriente e dettagliata aveva motivato la loro inadeguatezza relazionale ed affettiva, in qualità di genitori del minore.

 La redazione giuridica

 
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