Lo ha stabilito il Tribunale di Roma con la sentenza n. 5322 del 2016 (G.O.T. Dott. Antonio Fraioli) che offre lo spunto per qualche riflessione sul rapporto sempre più stretto tra proprietà degli animali domestici e famiglia. Sono, infatti, sempre più numerose le separazioni in cui non solo i figli, ma anche anche gli animali da compagnia diventano oggetto del contendere in un quadro normativo pressoché carente.

Nel nostro ordinamento non esiste, infatti, una norma di riferimento che disciplini l’affidamento di un animale da compagnia in caso di separazione dei coniugi o dei conviventi. E’ stato presentato un disegno di legge depositato in Senato, il n. 1932, che tende alla modifica del codice civile introducendo un “titolo XIV-bis degli animali”, in cui è previsto l’art. 455-ter (Affido degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi) che prevede: “In caso di separazione dei coniugi, proprietari di un animale familiare, il Tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o di comunione dei beni e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell’animale, sentiti i coniugi, i conviventi, la prole e, se del caso, esperti del comportamento animale, attribuisce l’affido esclusivo o condiviso dell’animale alla parte in grado di garantirne il maggiore benessere. Il Tribunale è competente a decidere in merito all’affido di cui al presente comma anche in caso di cessazione della convivenza more uxorio”.

Ebbene, il Tribunale di Roma richiama, per risolvere il caso al suo vaglio, due precedenti sentenze molto significative in materia, quella del Tribunale di Cremona dell’11.6.2008 (che ha disposto l’affido condiviso del cane con obbligo di suddivisione al 50% delle spese per il suo mantenimento ed ha equiparato gli animali domestici alla prole, ordinando l’applicazione speculare delle garanzie previste per l’affido condiviso dei figli minori) e quella del Tribunale di Foggia (che, invece, ha affidato il cane ad uno dei due coniugi, concedendo all’altro il diritto di visita per alcune ore determinate nel corso della giornata).

Il giudice ricorda che in Parlamento «giace da molti anni» la su menzionata proposta di legge con la quale si vorrebbe estendere la competenza del Tribunale a decidere dell’affido dell’animale anche alla cessazione della convivenza more uxorio perché “dal punto di vista del cane, afferma il giudice, che è l’unico che conta ai fini della tutela del suo interesse, non ha assolutamente alcuna importanza che le parti siano state sposate o meno: il suo legame ed il suo affetto prescinde assolutamente dal regime giuridico che le legava, neanche percepibile.
Sulla base dei su menzionati precedenti, che mostra di condividere, il giudice ricava che l’interesse privilegiato da entrambi i provvedimenti è stato esclusivamente quello materiale-affettivo-spirituale dell’animale.

Dopo un’approfondita istruttoria il giudice ha stabilito che il cane trascorrerà sei mesi con il suo padrone e sei mesi con la sua padrona, i quali dovranno pagare al 50% le spese relative a cibo, cure mediche e «quanto altro eventualmente necessario al benessere» del cane stesso. Nei sei mesi in cui una delle due parti non starà con il cane potrà comunque «vederlo e tenerlo due giorni la settimana, anche continuativi, notte compresa».

Si sottolinea, invece, che il Tribunale di Como, con decreto depositato il 3 febbraio 2016, ha stabilito che mentre nel caso in cui vi sia contrasto tra i coniugi, il giudice della separazione non è tenuto ad occuparsi dell’assegnazione degli animali da compagnia all’uno o all’altro, né della loro relazione con gli stessi, nel caso di separazione consensuale tra i coniugi, le parti possono liberamente accordarsi in ordine alla frequentazione e al mantenimento del proprio cane e che l’accordo si considera meritevole di tutela in quanto non urta con alcuna norma cogente, né con principi di ordine pubblico.

Da ultimo si osserva che nell’attuale ordinamento, a seguito dell’entrata in vigore della Legge 4 novembre 2010 n. 201, di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, il sentimento per gli animali riceve protezione costituzionale e riconoscimento europeo.

Da tanto discende che all’animale da compagnia deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo.
Il suddetto diritto è stato di fatto recentemente fatto proprio anche dal nostro Legislatore con la legge 11 dicembre 2012 n. 220 atteso che, con la modifica dell’art. 1138 c.c., si è previsto che le norme sul regolamento condominiale non possono vietare di possedere o detenere animali domestici; pertanto, in base ad una interpretazione più moderna, evolutiva ed orientata delle norme vigenti, l’animale non può più essere collocato nell’area semantica concettuale delle “cose” ai sensi dell’art. 923 c.c., ma deve essere riconosciuto come “essere senziente”.

Avv. Maria Teresa De Luca

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