Secondo l’Abf di Milano, l’ assegno privo di timbro sociale deve ritenersi emesso in assenza di autorizzazione. Ecco tutto quello che occorre sapere a riguardo

Una recente decisione dell’Arbitro Bancario Finanziario – Collegio di Milano del 21 giugno 2018 ha stabilito come l’ assegno privo di timbro sociale debba necessariamente considerarsi come emesso senza autorizzazione.

Pertanto, il traente va iscritto nell’archivio informatico di cui all’art. 10-bis, l. n. 386/1990.

Con la decisione dell’ ABF di Milano, in particolare, è stata disposta in favore di un imprenditore milanese la restituzione di una somma pagata a mezzo di assegno bancario, tratto su un conto corrente intestato ad una società di capitali.

Di questa società, in particolare, l’imprenditore in questione risultava essere amministratore unico, in quanto privo dei requisiti essenziali previsti dalla legge.

Il caso

Nel caso analizza dall’Abf di Milano, risulta che nell’anno 2015 l’imprenditore sottoscriveva e rilasciava un assegno bancario tratto sul conto corrente intestato alla suddetta società di capitali. Il tutto in favore di altro imprenditore e allo scopo di ottenere da parte di quest’ultimo dei servizi professionali.

Ma questo assegno privo di timbro di sociale è stato comunque sottoscritto dall’imprenditore. E ciò nonostante fossero assenti indicazioni degli estremi della società quale traente.

In seguito l’imprenditore, preso atto della truffa subìta dal beneficiario del predetto assegno il quale dopo aver incassato la relativa somma ometteva di rendere in favore del primo i servizi professionali concordati, presentava denuncia – querela nei confronti del beneficiario presso la Procura di Rimini.

Questo, però, senza riuscire a ottenere la restituzione della somma illegittimamente incassata.

Nell’anno 2017, l’imprenditore ha presentato ricorso davanti all’Arbitro Bancario Finanziario – Collegio di Milano.

Con tale atto ha richiesto il riconoscimento del proprio diritto ad ottenere la restituzione da parte dell’Istituto di credito trattario a titolo di risarcimento del danno subìto, della somma pagata in favore del beneficiario del suddetto assegno.

Il tutto eccependo che l’Istituto di credito lombardo aveva illegittimamente pagato la somma portata dall’assegno. E questo nonostante quest’ultimo l’ assegno fosse privo degli elementi essenziali di cui agli artt. 1 e 11 R.D. n. 1736 del 1933.

In particolare, si segnalava l’assenza dell’indicazione della ragione sociale della società traente, omettendo di procedere alla restituzione dello stesso.

La restituzione avrebbe consentito all’imprenditore di prendere atto della truffa subìta dal beneficiario e che gli avrebbe impedito pertanto di subìre un grave nocumento economico.

Nello specifico, il ricorrente eccepiva che un assegno bancario può ritenersi regolarmente sottoscritto solo quando la sottoscrizione consente una univoca identificazione del soggetto che sottoscrivendolo si obbliga in via cartolare.

Circostanza questa che, in caso di assegno tratto su un conto intestato a società di capitali, si concretizza solo se oltre alla firma del rappresentante legale risulta anche l’indicazione della relativa denominazione sociale.

Un dato da cui deriva il conseguente collegamento “funzionale” tra il sottoscrittore e la persona giuridica obbligata al pagamento.

Ebbene, l’Istituto di credito lombardo si è costituito nel procedimento instauratosi davanti all’arbitro eccependo l’irricevibilità del ricorso.

E questo alla luce della pendenza di un procedimento penale a carico del beneficiario dell’assegno oggetto di contestazione.

Pertanto, si è chiesto il rigetto, anche nel merito, della domanda avanzata dal ricorrente.

L’Arbitro Bancario Finanziario – Collegio di Milano con la decisione in commento, accogliendo la domanda proposta dal ricorrente, ha dichiarato ricevibile il ricorso, accogliendo la tesi difensiva del ricorrente.

E lo ha fatto, dichiarando non sussistenti elementi di pregiudizialità tra il procedimento penale e la domanda avanzata in sede arbitrale da quest’ultimo. E, nel merito, ha accolto il ricorso riconoscendo il diritto alla restituzione della somma portata dall’assegno bancario in favore del ricorrente.

Nello specifico, l’Abf ha deciso quanto segue.

“Nel merito, il Collegio osserva che nel caso è pacifico che gli assegni con firma irregolare siano stati tratti sul conto intestato alla società in base alla relativa convenzione di assegno. È altrettanto pacifico che i titoli erano irregolari perché in violazione della regola di cui all’art. 11 del r.d. n. 1736/1933, a norma del quale ‘Ogni sottoscrizione’ (del titolo) deve contenere … la ditta di colui che si obbliga’”.

Inoltre, l’Abf si richiama anche alla Corte di Cassazione, ricordando quanto segue.

“Poiché la ratio dell’art. 11 della legge assegni è proprio ‘quella di consentire la chiara, certa ed univoca identificazione del soggetto che sottoscrive (sul punto Cass. n. 1469/77 e Cass. n. 7761/2004), così obbligandosi in via cartolare, per gli enti ciò può avvenire solo se, accanto alla firma o sigla del rappresentante, risulti la menzione della denominazione sociale (con riferimento appunto a qualsiasi tipo di ente), e ciò proprio al fine di stabilire il collegamento funzionale tra chi sottoscrive e l’ente in nome e per conto del quale avviene la sottoscrizione’”.

Da questo discende, pertanto, che un assegno emesso sul conto della società “ma senza recare alcuna indicazione cartolare della società stessa, si deve considerare emesso in assenza di autorizzazione, di talché la banca trattaria deve considerare che l’assegno sia stato tratto in assenza di autorizzazione e pertanto deve provvedere ad iscrivere il nominativo del traente nell’archivio informatico di cui all’art. 10-bis, I. n. 386/1990 (art. 9,1. 38611990)”.

In conclusione, la banca ha al contrario provveduto al pagamento del primo assegno violando così la prescrizione summenzionata.

 

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1 commento

  1. Ho affittato ad una s.a.s. un locale adibito a ristorante con contratto registrato con un prezzo inferiore di comune accordo a quello Realmente pattuito, ora alla scadenza del contratto l’amministratore mi chiede indietro il pagato in nero.
    Lintero importo e stato pagato con assegni dal c/c della società che l’amministratore in gran parte a firmato con la sua sola firma senza mettere il timbro
    Della società, dovrei restituire il nero.

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