Uno studio del Cnr di Napoli evidenzia l’intercambiabilità con il gene Smn1, la cui mancanza causa la morte dei neuroni

Da Napoli una speranza nella lotta contro l’atrofia muscolare spinale (Sma), una malattia neurodegenerativa rara che colpisce un neonato ogni 6.000-10.000 in tutto il mondo e rappresenta una delle più comuni cause di mortalità infantile.

La Sma è caratterizzata dalla morte di alcuni neuroni motori del midollo spinale ed è causata dalla mancanza del gene Smn1. I ricercatori partenopei dell’Istituto di bioscienze e biorisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibbr-Cnr) hanno analizzato, per la prima volta, gli eventi iniziali che accadono durante la morte neuronale quando manca tale gene.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Human Molecular Genetics, è di grande importanza in quanto non esiste ancora una terapia efficace contro la patologia. “I nostri studi ci hanno permesso di dimostrare che la mancanza di Smn1 scatena un meccanismo di morte programmata, chiamata apoptosi – spiega Elia Di Schiavi dell’Ibbr-Cnr – morte che, però, può essere contrastata in vari modi. Abbiamo dimostrato l’intercambiabilità tra il gene umano e quello di Caenorhabditis elegans, un piccolo animale invertebrato che costituisce un importante modello genetico per l’analisi dei processi neuro-degenerativi: attraverso la sostituzione del gene di C. elegans con quello umano siamo riusciti infatti a prevenire la morte dei neuroni. Inoltre è stato possibile prevenire la neuro-degenerazione utilizzando un farmaco, l’acido valproico, già impiegato in trials clinici su pazienti affetti da Sma. Studiare quello che succede in C. elegans ha quindi un impatto ed è rilevante anche per capire la funzione del gene umano, la cui mancanza provoca la Sma”.

Lo studio mostra però altri modi per evitare la neuro-degenerazione nel C. elegans. “Per prevenire la morte neuronale – continua il ricercatore – gioca un ruolo importante anche un altro gene, Plastin3, la cui presenza permette in parte di scongiurare la morte dei neuroni. Questi esperimenti spiegano a livello molecolare il dato clinico secondo cui i pazienti che dispongono di maggiori quantità di Plastin3 hanno una forma meno grave della malattia”.

I ricercatori hanno utilizzato questo modello animale per le sue caratteristiche, che lo rendono ottimale per valutare le conseguenze di mutazioni genetiche sulla sopravvivenza dei neuroni. “C. elegans, seppur evolutivamente distantissimo dall’uomo, possiede molti geni che svolgono una funzione simile nell’essere umano – conclude Di Schiavi – La nostra ricerca ci ha permesso di scoprire che tra questi geni che hanno una conservazione funzionale c’è anche il gene Smn1”.

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